S’è concluso ieri lo IAB forum, la manifestazione dedicata alla comunicazione digitale in tutte le sue specifiche declinazioni. Un’edizione Limitless nel pay off e nei contenuti. Numerosi gli spunti e le ricerche presentate, una maratona avvincente.

A che punto è il mercato dell’advertising?

Partiamo dallo scenario attuale. I dati dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano e Iab Italia rivelano che l’advertising online è in crescita, per il nono anno consecutivo, ma questa volta solo del 9%, rispetto al 2015, per un totale di 2,36 miliardi di euro, e rimane lontana dall’andamento dell’Europa, +13% nel primo semestre, e degli Stati Uniti, +19% sempre nei primi sei mesi dell’anno. Vero però che la pubblicità digital vale ormai il 30% degli investimenti italiani.

I video la fanno da padroni. Come dice Carlo Noseda, Presidente di Iab Forum, “è evidente che la comunicazione sia entrata definitivamente nella screen age”. Il video advertsing registra un fatturato in aumento del 38% per un risultato superiore ai 500 milioni di euro, si tratta di oltre un quinto del totale dell’advertising online (il 21%). Altro elemento significativo è l’aumento del ricorso al programmatic (compravendita degli spazi pubblicitari on line attraverso piattaforme software in grado di automatizzarne e ottimizzarne il processo Ndr.) +32% per un giro d’affari di 310 milioni, pari al 13% dell’internet advertising. Infine volgendo lo sguardo ai canali di fruizione, vediamo che il desktop continua a rappresentare il device sui cui si raccoglie di più (66%), anche se rispetto al 2015 perde il 5% degli investimenti, il mobile conferma il suo ottimo stato di forma, ma il divario tra pubblicità raccolta e audience in forte crescita rimane ancora da colmare.

Advertising e futuro

Fin qui tutto chiaro. Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? Uno spunto interessante arriva da Mario Caiazzo Managing Director Italia di Teads che, durante un workshop all’interno di IAB, parla di pubblicità attraverso video interattivi e intelligenza artificiale. Laddove l’interazione con il contenuto video è intesa sia in maniera standard con click e attività di semplice engagement sia con l’impiego dell’intelligenza artificiale stessa.

Per Mario Caiazzo i tempi sono decisamente maturi per introdurre per esempio ChatBot che diano voce alla promozione dei brand e che da una parte tengano l’utente incollato al video, dall’altra lo guidino a ultimare la conversione. La chat nella fattispecie è interamente gestita da un algoritmo che simula l’azione dell’uomo.

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Cosa pensano gli italiani dell’intelligenza artificiale

Risale all’inizio del 2016, la pubblicazione dei risultati della ricerca commissionata da Rocket Fuel alla Doxa, sugli italiani e l’intelligenza artificiale.
I numeri parlavano chiaro: se il 58% la riteneva fondamentale, a tratti esaltante, per risolvere alcuni grandi problemi, solo il 20% era sfavorevole, con un 12% che la vedeva come una minaccia per l’umanità e l’8% che ne era terrorizzato. La consapevolezza emergeva anche da un altro dato: ben il 46% di chiarava che l’intelligenza artificiale fosse già parte della vita quotidiana, a fronte di un 7% che la collegava alla fantascienza.

Solo il 15% è però consapevole che viene utilizzata in ambito marketing e pubblicità e questo è proprio il comparto in cui viene impiegata da Rocket Fuel, che la applica ai big data con l’obiettivo di prevedere quali azioni di marketing portare avanti per ogni specifica campagna e per ogni preciso momento, il che si traduce in un uso più efficiente ed efficace degli investimenti.

IA: quale sviluppo?

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In questo contesto di grande fermento per l’IA non stupisce che Amazon abbia messo in palio un premio di 2,5 milioni di dollari per chi sarà in grado di realizzare un ChatBot basato su Alexa, la sua assistente digitale, capace di sostenere per almeno 20 minuti una conversazione intelligente sulle ultime notizie e la cultura pop o, come apparso su un articolo di Repubblica un paio di settimane fa, che Mike Schroepfer, Chief Technology Officer di Facebook abbia dichiarato che sul lato mobile si punti al ‘deep learning’ che permetta il controllo “basato sui gesti, riconoscimento delle espressioni facciali ed esecuzione di azioni connesse“.

Insomma se due mesi fa i colossi del mercato: Facebook, Microsoft, IBM, Google e Amazon hanno firmato uno storico accordo di alleanza per raccogliere la sfida dell’Intelligenza Artificiale e contestualmente Apple abbia deciso di continuare a lavorare per conto proprio e non farne parte… significa che siamo davvero pronti alla svolta? O forse lo siamo ma ci sono molte variabili da tenere sotto controllo in chiave sicurezza ed etica?

Il successo nella creazione di intelligenze artificiali potrebbe essere il più grande evento nella storia della nostra civiltà”. (Cit. Stephen Hawking)

Ilenia La Leggia

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