L’altra sera ero a cena con Antonello, presidente nazionale di Aif, l’Associazione Nazionale dei formatori, di cui faccio onorevolmente parte. Con lui, dopo che ha sistemato accuratamente nell’astuccio le sue penne di cui è grande collezionista, parliamo del più e del meno e ne approfitto per discutere di modelli previsionali relativi a un progetto che da tempo ho in mente.
Antonello è sicuramente la persona giusta, anche per la sua grande esperienza in campo economico, poiché si occupa dei processi di apprendimento di sistemi organizzativi complessi quali la filiera istituzionale a supporto dello sviluppo territoriale.
Nel mezzo della nostra piacevole discussione, mi dice “è un errore stocastico”. Resto un po’ perplessa, ma visto che la sua signorilità traspare sempre nei modi gentili e molto educati, comprendo subito che non mi sta prendendo in giro.
Cerco di trasmettervi così la definizione di “stocastico”. È il processo di analisi che si basa su una variabile casuale che prende valori in spazi più generali dei numeri reali.
Da questa discussione, sebbene non sia una matematica e non voglio certo fare una lezione a riguardo, prendo però spunto per il mio articolo di oggi, che conclude anche una serie di osservazioni che avevo condiviso con voi settimana scorsa sui temi dei big data, controllo e strumenti di analisi.
Quando analizziamo dei dati, prendiamo spesso in esame dei dati causali che inseriamo nella nostra analisi e che ci aiutano a comprendere una frequenza o più specificamente delle caratteristiche che rappresentano il fenomeno che vogliamo osservare. In termini matematici si fanno delle prove ripetute dello stesso processo per ottenere andamenti nel tempo. Tali dati avranno un valore medio, che nel caso di variabile aleatoria e causale, costituiranno il centro della campana gaussiana.
Se nel processo di analisi vado a considerare, naturalmente, il centro della “campana”, il lato destro e il lato sinistro di tale rappresentazione grafica rappresenteranno invece i risultati di scostamento. In parole semplici quelle che non devo prendere in esame per l’analisi che sto realizzando e che rappresenterebbero quindi l’errore stocastico.
Ho visto spesso, invece, nei processi di analisi di aziende, limitarsi a osservare dei fenomeni che derivano solo dalla raccolta di dati a consuntivo per comprendere come sono realmente le cose e magari anche le criticità che hanno determinato un evento.
Per me il vero “errore” sta invece nella incapacità di analizzare dei dati per definire dei sistemi previsionali a supporto del marketing e delle vendite.
Spesso ci si limita a osservare lo “status quo”, ma la vera sfida è quella di riuscire a osservare i fenomeni in un orizzonte temporale più ampio, che si traducono in vera proattività e capacità di reagire prontamente ai mutamenti di mercato o all’individuazione di potenziali nuovi eventi.
Più che cercare solo un valore statico (il centro della campana) è importante, quindi, andare oltre, stabilendo possibili trend.
Solo così avrà senso prendere in esame i tanti numeri, i big data, e attivare investimenti tecnologici utili ad analizzare la realtà e che aiutino, davvero, a prendere le decisioni per il futuro.