Lo psicologo Raymond Nickerson definisce cosi il “Confirmation bias”: la ricerca o l’interpretazione di prove in modo che siano favorevoli a esistenti credenze, aspettative o ipotesi del soggetto interpretante.

Correva il 1998, l’era di Internet si stava appena sviluppando.

Secondo Nickerson, studioso di psicologia cognitiva, questo fenomeno si sviluppa per salvaguardare la propria identità personale e/o di gruppo. Lo studioso, assieme a Stanovich, esamina la differenza tra razionalità e intelligenza arrivando alla conclusione che esistono persone intelligenti che hanno comportamenti irrazionali. Il confirmation bias può essere la causa di molti di questi comportamenti.

Sono passati vent’anni ma la tecnologia, con le connessioni peer to peer, i gruppi creati in maniera più o meno nascosta sui social, lo sviluppo enorme della comunicazione tramite social network, i portali di recensioni nei quali l’anonimato ha garantito la sicurezza di colpire senza assumersi responsabilità, ha contribuito a creare situazioni aberranti.

L’articolo a firma di Evan Williams, comparso sul Corriere della Sera il 21 maggio, ripreso dal NYT, rappresenta in modo chiaro l’evoluzione del fenomeno. Il co-fondatore di Twitter, infatti, si scusa pubblicamente per aver creato un sistema di comunicazione in cui chiunque può mettere in evidenza il proprio pensiero, si, certo, liberamente, ma senza considerare che l’umana specie avrebbe messo on line anche i propri difetti e le proprie paranoie. Gli omicidi pubblicati in diretta, i gruppi terroristici che trasmettono tra loro modalità di azione e metodologie di costruzione di ordigni…

Nell’analisi di Williams ci sono implicazioni politiche, esaminando gruppi che si chiudono nei loro pregiudizi impermeabili a ogni ragionamento razionale, favoriti dai mezzi di comunicazione selettivi tipici di Internet. Anche il mondo dell’editoria viene coinvolto. Considera grave infatti l’assenza della ricerca della fonte, che permette di verificare l’attendibilità della notizia ma aiuta anche a considerare il “peso specifico” dell’autore, le esperienze, il background…

Williams ha cercato di trovare una soluzione quando nel 2012 ha inventato Medium, una piattaforma controcorrente dove i contenuti sono in primo piano (niente male nell’era di snapshot) verificati e a pagamento. Senza successo, sostiene, perché oggi su Internet prevale la quantità sulla qualità. Un portale che ha grandissimi numeri ma recensioni false vale più di un portale poco visitato ma con recensioni verificate. Le finalità commerciali prevalgono su quelle etiche.

Il mio personale auspicio è che le grandi compagnie della Silicon Valley si impegnino a sviluppare un’etica della comunicazione capace di produrre algoritmi per impedire la pubblicazione di contenuti o immagini socialmente pericolose.

Ma sono convinto che occorra uno sforzo comune, che la politica tracci la strada e i confini per costruire un futuro nel mondo della comunicazione in cui le persone intelligenti abbiano comportamenti meno irrazionali, in cui gli insegnanti riprendano il loro ruolo di educatori e in cui i genitori assumano coscienza dei pericolosi fenomeni della nostra epoca.

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