Nel secondo articolo sul Travel Technology Exchange di Sabre abbiamo esaminato con NH lo stato dell’arte del mondo alberghiero nei riguardi della tecnologia, ma uno è il concetto intorno cui ruota il tutto: l’esperienza del viaggio.
E si è parlato di esperienza anche con Cristina Ziliani, direttrice dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma con un intervento dal nome “Smart Consumer, Smart Loyalty: la disruption nell’era digitale”.
Dai bollini della raccolta punti degli anni Ottanta ai programmi di fedeltà con le card all’importanza del Consumer Experience Management, Ziliani traccia la storia della fidelizzazione e di come sia cambiata nel tempo. Se fino al 2000 c’erano i programmi frequent flyer e le carte fedeltà dei supermarket, negli anni seguenti si comincia a parlare di CRM, Customer Relationship Management, che mette insieme informazioni sui clienti e sui loro acquisti per poi impiegarli in attività di marketing.
Negli ultimi due anno i però la CRM deve trasformarsi in CXM (o CEM), Customer Experience Management, che serve a migliorare i processi di servizio verso il cliente raccogliendo dati da tutti i touchpoint tradizionali e digitali che diventano una fonte di informazione.
“Per sfruttare il dati e il potere del digitale nel travel, bisogna connettere i touchpoint fra di loro, collegare l’offline con l’online e col mobile, capire il cliente connesso e fare marketing basato sugli insight del cliente”, dice Ziliani, che anche in questo caso segnala che se il cliente ha un’esperienza positiva l’intenzione di fare passaparola aumenta del 15% e la disponibilità di condividere i suoi dati personali con l’azienda aumenta del 17%. È cominciata una nuova era che guarda le cose dal punto di vista della reazione del cliente, e cioè, ancora una volta della sua esperienza.
I LEC e gli altri
Ma chi sono i consumatori che bisogna fidelizzare? Ce lo spiega Daniela Mastropasqua Industry Lead CE&CC Travel & Hospitality di GFK.
Per Mastropasqua, non ha più senso segmentare i consumatori in base all’età anagrafica – generazione Z (18-24 anni), generazione Y (25-34 anni), generazione X (35-50 anni) e Baby Boomers (51-68 anni) – ma in base alle attitudini di spesa e introduce il concetto dei LEC, Leading Edge Consumers, un cluster che si distingue per le sue abitudini di acquisto che rappresenta il 15% della popolazione indentificata da un modello di analisi proprietario di GFK.
Che caratteristiche hanno i LEC?
Prima di tutto sono Early Adopter cioè molto innovativi, valutano i nuovi prodotti e le nuove idee prima del loro successo, e costituiscono un cluster predittivo per il resto della popolazione.
Sono Influencer e trend setter perché condividono le esperienze e quindi influenzano gli altri. Il loro comportamento rivela trend di consumo che precedono spesso di anni il mainstream.
Infine sono Appassionati, perché l’aspetto emozionale è un fattore chiave altamente coinvolgente del loro modo di fare shopping.
Rispetto alla media delle altre segmentazioni sono molto più entusiasti dello shopping online e ritengono che i social siano diventati importanti quanto i negozi tradizionali.
Per quello che riguarda l’utilizzo dei device, non c’è una grande differenza fra smartphone e tablet per informarsi, leggere recensioni e comparare i prezzi, mentre per quello che riguarda gli acquisti lo smartphone risulta predominante in tutte le categorie, ma nei LEC raggiunge il 60%.
Non stupisce quindi che per i LEC i mobile device siano in assoluto lo strumento più importante di shopping, con il 71% che si dichiara d’accordo contro al 39% della media dei compratori totali.
Dalla ricerca di GFK, che si è svolta fra 27.000 utilizzatori di internet in 22 Paesi esaminati, emerge infine che il 23% delle persone ritiene che le interazioni virtuali con persone e luoghi possano avere lo stesso valore di quelle reali.
In Italia sono il 20%, a pari merito con la Spagna e davanti a tutti gli altri i Paesi europei – Germania, Francia, UK, Svezia e tutti gli altri paesi del Nord – eccetto la Russia.
C’è di che riflettere, no?