È Natale. Incominciano i cartoncini d’auguri, i babbi natale arrampicati alle finestre e ai balconi inseguiti nell’ordine da: stelle comete, renne che paiono scalatrici che manco Messner gli fa un baffo, alberi scintillanti, palline cambiacolori stile Febbre del sabato sera ma in acido e, per chi osa, anche la capanna col presepio (ma per quella serve il permesso dell’amministratore in facciata o un grande terrazzo). Incominciano le catene di sant’Antonio sui social, i jingles per radio, la voglia di abbracciarsi e fare festa con la qualunque perché a Natale si perdona chiunque e qualsiasi cosa. È un tempo santo assolutamente laico che rende tutti migliori almeno per un giorno e nelle intenzioni.

È ormai Natale, si vede in ogni strada. E si avvicina ogni anno con sempre maggior frequenza. Porta con sé alcuni chili di troppo accumulati in cene e aperitivi per vedere gente, fare cose e scambiarsi gli auguri, ingorghi cittadini, lunghe code ai supermercati, stress e frenesia da “ultimo giorno del mondo” per poi scoprire che non solo il giorno va avanti, ma si ricomincia poco dopo con San Valentino, Festa del Papà, Pasqua, Festa della Mamma e Halloween in rapidissima successione.

Sì, perché la tendenza che sta impazzando da ormai alcuni anni è quella di anticipare le feste, per poter anticipare anche gli eventi e poter aumentare il tempo di promozione. Sembra quasi un’ansia da pilota di Formula uno che vuole doppiare tutti. Solo che una volta doppiato l’anno, non possiamo fare Natale e rifarlo dieci giorni dopo perché siamo andati in testa e l’abbiamo sorpassato.

Natale è un grande periodo per gli eventi. Aumentano le attività di guerrilla, lo street marketing ha davvero molteplici possibilità per esercitare la propria creatività, le agenzie di comunicazione sclerano quotidianamente all’inseguimento delle ultime promozioni chieste e non pianificate dai clienti. Ma ormai Natale è una ricorrenza di pianificazione seguita, appunto, da tante altre. Tutte ugualmente speciali, tutte ugualmente “evento”. E allora credo si rischi di perdere un po’ non solo il senso laico o religioso nel cui territorio sociologico francamente non entro, ma banalmente quello commerciale. Se non c’è più un periodo di pausa e transizione tra eventi importanti o meno, è automatico che si investa di meno, anche se magari più continuativamente; ma perdendo il percepito di eccezionalità, si scende nell’investimento. Diventano attività comuni. E l’evento, è qualcosa di eccezionale. Evento deriva dal latino ex-venire, saltare fuori, emergere per qualcosa. E invece, in questa continuità, rischiamo affoghi nella quotidiana normalità. Viceversa, il Natale è eccezionale.

Forse dovremmo fare una riflessione sul tema. E tornare a festeggiarlo come merita, dandogli rilievo. Ne guadagneremmo credo tutti (anche in termini commerciali).

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