Il mare toscano non è solo una risorsa da tutelare: è anche un’opportunità concreta di sviluppo sostenibile per i piccoli borghi costieri. A sostenerlo è Andrea Bartoli, vicepresidente e responsabile del settore pesca di Fedagripesca Confcooperative Toscana, che lancia un appello per valorizzare il pescaturismo e l’ittiturismo come strumenti chiave per rilanciare l’economia delle comunità marittime.
«La pesca non è soltanto lavoro, ma cultura, identità e memoria collettiva – afferma Bartoli –. In Toscana esistono già esempi virtuosi, ma manca una visione integrata e un sostegno adeguato a livello normativo e finanziario. Il pescaturismo può generare occupazione, promuovere il consumo del pescato locale e attrarre un turismo autentico, legato al territorio».
Secondo Fedagripesca, le coste della regione offrono già itinerari tra mare e natura che andrebbero potenziati. Da Livorno a Piombino, passando per Cecina, Marina di Campo, Marina di Grosseto e Talamone, operano diverse imbarcazioni che affiancano l’attività di pesca con esperienze rivolte ai turisti. Un esempio è quello di Talamone, dove alcune cooperative abbinano l’uscita in mare a percorsi guidati nel Parco della Maremma, creando esperienze a 360 gradi tra biodiversità marina e paesaggi costieri.
Queste attività consentono ai pescatori di ridurre la pressione sulla risorsa ittica, mantenendo comunque la sostenibilità economica del lavoro attraverso le entrate generate dal turismo. I visitatori possono partecipare direttamente alle battute di pesca, conoscere le tecniche tradizionali, vivere la quotidianità del porto e assaporare a bordo il cosiddetto “pesce povero”, ovvero specie meno richieste dal mercato ma dal grande valore gastronomico, nutrizionale e ambientale.
Ma se le esperienze non mancano, a frenare la crescita del settore sono ostacoli burocratici e limiti nei finanziamenti. «Non bastano i bandi e le buone intenzioni – sottolinea Bartoli –. I fondi europei, come il FEAMPA, prevedono massimali troppo bassi rispetto agli investimenti reali. Ad esempio, a fronte di un progetto da 500mila euro, il contributo copre solo 75mila euro: troppo poco per sostenere interventi strutturali come l’acquisto di immobili o la realizzazione di spazi per la degustazione e l’accoglienza turistica».
Da qui la richiesta di una nuova fase di politiche concrete, capaci di accompagnare e valorizzare le imprese della pesca in un percorso di diversificazione e sviluppo sostenibile.
«Pesca e turismo possono crescere insieme, ma occorre riconoscerne il potenziale strategico – conclude Bartoli –. Investire nel pescaturismo significa dare un futuro alle comunità del mare, mantenere vive le tradizioni locali e costruire un modello economico più resiliente, inclusivo e in sintonia con il territorio».