Negli ultimi dieci anni il settore del turismo ha assistito a una trasformazione significativa, alimentata in gran parte dalla diffusione massiccia delle piattaforme di affitti brevi come Airbnb, Vrbo o la sezione case vacanza di Booking. Queste modalità di ospitalità hanno ridisegnato le abitudini dei viaggiatori e moltiplicato le soluzioni abitative disponibili, offrendo una flessibilità prima impensabile, tuttavia, nonostante questa apparente rivoluzione, il soggiorno in albergo mantiene e continuerà a mantenere una posizione centrale e insostituibile all’interno dell’esperienza turistica. Le ragioni di questa resilienza sono molteplici e radicate tanto nella struttura del sistema alberghiero quanto nella percezione culturale e sociale del viaggio stesso.
La prima grande forza del modello alberghiero risiede nella sua standardizzazione: l’esperienza del cliente è strutturata, prevedibile e garantita in termini di sicurezza, qualità del servizio, pulizia, orari, disponibilità e assistenza e questa affidabilità è fondamentale soprattutto per alcune categorie di turisti come la clientela business, gli anziani, le famiglie con bambini e i viaggiatori internazionali che cercano stabilità e rassicurazione. A differenza degli affitti brevi, spesso imprevedibili e disomogenei, l’albergo rappresenta un punto fermo che risponde a bisogni concreti con un’organizzazione professionale come ad esempio la ricezione attiva 24 ore su 24, la presenza costante di personale formato, la possibilità di accedere a servizi accessori come ristoranti, centri benessere, aree coworking e assistenza logistica che rendono l’albergo un ecosistema completo, non una semplice sistemazione per dormire, condizione che gli affitti brevi, per loro natura, non riescono a garantire in fatto di continuità e profondità di esperienza. Ogni appartamento rappresenta un unicum gestito in maniera diversa, con standard soggettivi e raramente controllati da autorità pubbliche e la frammentazione del mercato degli affitti brevi si traduce spesso in problemi pratici: difficoltà di check-in, mancanza di assistenza in loco, igiene incerta, dispositivi di sicurezza assenti, ambiguità sulle responsabilità in caso di danni o emergenze. Inoltre, la dimensione normativa è tutt’altro che secondaria: il settore alberghiero opera da sempre entro regole ben definite, sottoponendosi a controlli igienico-sanitari, norme antincendio, licenze edilizie e tributi locali mentre alcuni affitti brevi, al contrario, sfuggono spesso a queste regolamentazioni, creando un’asimmetria dannosa che penalizza gli hotel sul piano fiscale ma, al contempo, rafforza la loro posizione agli occhi delle istituzioni e dei viaggiatori più attenti alla legalità e alla qualità dell’offerta.
Ma c’è anche una questione culturale profonda: l’albergo non è solo un luogo dove si dorme, ma un luogo dove si vive. Negli ultimi anni molte strutture si sono trasformate in veri e propri poli esperienziali, capaci di offrire eventi culturali, degustazioni, corsi, mostre, itinerari locali, attività benessere e momenti di socializzazione. In un contesto in cui il turismo è sempre più esperienziale e trasformativo, l’albergo si adatta, innova, diventa spazio culturale e comunitario, al contrario, gli affitti brevi sono spesso neutri, impersonali, privi di relazioni umane, ridotti a un codice d’accesso e a un regolamento stampato sul tavolo, manca completamente la dimensione del capitale umano, uno degli asset più preziosi dell’hotellerie. Direttori, concierge, receptionist, cuochi, camerieri: ogni persona che lavora in un hotel contribuisce a costruire l’esperienza dell’ospite, arricchendola con professionalità, calore umano, attenzione ai dettagli, condizione che gli affitti brevi non possono replicare perché privi di una presenza costante, di un servizio personalizzato, di un volto umano con cui confrontarsi. C’è poi una componente strategica da considerare: gli hotel sono capaci di specializzarsi, adattandosi ai diversi segmenti del mercato. Esistono hotel per famiglie, per sportivi, per amanti del benessere, per viaggiatori d’affari, per persone con disabilità, per cicloturisti, per chi cerca il lusso o per chi desidera una vacanza sostenibile e ogni struttura può tararsi su un preciso target, costruendo pacchetti, servizi, ambienti e contenuti coerenti mentre gli affitti brevi, per quanto flessibili, non riescono ad arrivare a questo livello di profilazione professionale a causa di una mancanza di una strategia commerciale integrata. Inoltre, gli hotel sono parte di una filiera che genera occupazione stabile e ricchezza sul territorio dove ogni struttura alberghiera crea lavoro per decine di persone direttamente e per centinaia indirettamente: lavanderie industriali, imprese di pulizie, fornitori di food & beverage, tecnici, manutentori, aziende digitali e di marketing, agenzie di viaggio, guide turistiche.
Un altro elemento critico è la gestione del territorio: in molte città europee, l’espansione incontrollata degli affitti brevi ha prodotto gravi problemi di vivibilità: aumento dei prezzi degli affitti a lungo termine, svuotamento dei centri storici, omologazione dell’offerta, turismo mordi e fuggi , gli hotel, al contrario, sono insediamenti stabili, spesso integrati in zone vocate all’ospitalità, capaci di dialogare con le istituzioni e le comunità locali. Prendiamo in esame la criticità dell’ultima pandemia: è stato evidente quanto il modello alberghiero sia stato più resiliente e adattabile, gli hotel hanno potuto implementare rapidamente protocolli sanitari, formare il personale, sanificare gli ambienti, riconvertirsi temporaneamente in strutture per l’accoglienza di personale sanitario o soggetti in quarantena.
Anche sul piano della fidelizzazione, il turismo alberghiero è molto più strutturato, le grandi catene internazionali e gli hotel indipendenti utilizzano strumenti di CRM, programmi fedeltà, campagne mirate per mantenere vivo il rapporto con i clienti, costruendo relazioni che si basano su fiducia, qualità e memoria emotiva. Un cliente soddisfatto torna nello stesso hotel, ne parla agli amici, lo trasforma in un riferimento.
In definitiva, pur riconoscendo i meriti degli affitti brevi nel democratizzare l’accesso al viaggio e nel portare innovazione, è chiaro che essi non possono sostituire il modello alberghiero, le due formule possono coesistere, ma su piani differenti. L’albergo resta l’unica infrastruttura in grado di garantire qualità costante, sicurezza, servizi, impatto sociale positivo, relazione umana, resilienza e sinergia territoriale è un modello che evolve, si adatta, ascolta i cambiamenti, ma non rinuncia alla propria vocazione: accogliere, prendersi cura, rendere il soggiorno del viaggiatore un’esperienza autentica e memorabile ed è proprio per questa sua anima profonda, fatta di persone, attenzioni e competenze, che nessuna piattaforma digitale potrà mai davvero sostituirlo.