Prendersi cura degli altri è la nuova rivoluzione secondo Naomi Klein, l’autrice del best seller di qualche anno fa “No logo”. Ora l’autrice nel suo nuovo libro “No is not enough”, sostiene questa nuova tesi.

Nel nostro Paese c’è chi lo fa già da tempo. Sappiamo che gli italiani sono tra le popolazioni più generose e una buona fetta dei nostri connazionali è impegnata in attività di volontariato, charity, no-profit.

Anche le aziende si stanno sempre più impegnando in attività di Corporate Social Responsibility. Tra queste ce ne sono di particolarmente virtuose e che inseriscono nei loro progetti di team building attività con sfondo sociale. Un esempio molto illuminante che sottolinea e anticipa la rivoluzione del prendersi cura degli altri è quello realizzato da Credit Agricole. Ne abbiamo parlato con Raffaella Turatti, Human Resource referent di CACI Non-Life Rappresentanza Generale per l’Italia, gruppo Crédit Agricole, società per la quale lavora da dieci anni anche in qualità di Office Manager e di Personal Assistant.

“Missione Bambini“ è stato il progetto di team building che ha visto coinvolto il personale dell’azienda nella riqualificazione dei laboratori della scuola secondaria “Buonarroti” dell’Ic Scialoia di Milano. Il personale di Credit Agricole si è impegnato per un’intera giornata nella tinteggiatura delle aule della scuola, particolarmente fatiscenti. Dopo un’intera giornata di lavoro, i muri delle scuole hanno acquisito un nuovo splendore, con grande soddisfazione di coloro che hanno dato una vera e propria “mano di vernice” .

Dottoressa Turatti, che cosa ha significato per la vostra azienda questo progetto?

«Per CACI partecipare al “Progetto Nove+” ideato da Mission Bambini ha significato soprattutto metterci al servizio della nostra città, Milano, e delle sue strutture più vulnerabili, ovvero le scuole pubbliche, per le quali il denaro a disposizione del Comune per gli interventi di ordinaria amministrazione come l’imbiancatura delle aule è finito ormai da un pezzo. La solidarietà a favore di popoli lontani in grande difficoltà è ammirevole, ma spesso dimentichiamo che chi ha bisogno del nostro aiuto può trovarsi a un isolato di distanza da noi».

Rispetto alle altre attività di team building che avete già realizzato in azienda, che cosa ha avuto di diverso “Mission Bambini”?

«Tutte le attività di team building finora realizzate hanno avuto come “leit motiv” l’integrazione tra colleghi, l’importanza della reciproca collaborazione, del lavoro di squadra, del mettere a fattor comune le diverse abilità e competenze al fine di lavorare meglio in modo più costruttivo al raggiungimento degli obiettivi aziendali (e anche per creare un clima aziendale confortevole). Nel caso del team building targato “Mission Bambini”, invece, l’obiettivo era del tutto esterno al nostro business in senso stretto, ed era un obiettivo di tipo sociale… una cosa mai sperimentata prima».

Crede che questo tipo di iniziative siano motivanti per il singolo partecipante e aggregante per il gruppo? Se sì, come?

«Questo genere di iniziative sono decisamente motivanti sia per i singoli partecipanti che per l’intero gruppo: ne ho avuto la prova dal clima di grande serenità e gioia che tutti noi abbiamo respirato durante l’attività e dai feedback positivi che mi sono giunti dai colleghi nei giorni successivi. Ci sono due elementi che hanno giocato a favore del successo di questo particolare team building: l’attività manuale – noi impiegati siamo ormai assuefatti alla scrivania e ai lavori di “concetto”, e dedicarci a un lavoro manuale permette al tempo stesso alla nostra mente di staccarsi dalla routine e di attivarsi in modo più creativo e sereno, lontana dallo “sciame” di pensieri da cui siamo sempre circondati – e l’idea che si stesse realizzando qualcosa di utile per la nostra comunità».

Che cosa vi ha lasciato questo progetto di Corporate Social Responsibility?

«Ci ha lasciato soprattutto la certezza che l’unione fa veramente la forza, e siamo anche stati piacevolmente colpiti dal fatto che la scuola nella quale abbiamo lavorato, facente parte dell’istituto comprensivo statale Scialoia, scuola in cui i figli di immigrati sono presenti al 70% sul totale degli alunni iscritti, sia un modello di eccellenza per quanto riguarda l’integrazione. Questo nonostante le difficoltà».

Avete in animo di organizzare altre attività di questo genere?

«Certo che sì, anzi, faremo in modo che questo diventi un imprescindibile appuntamento annuale per CACI».

Visto il successo di “No logo”, il nuovo manuale di Naomi Klein non sarà da meno, ma il successo per Crédit Agricole è già stato acquisito: prendersi cura degli altri.

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