Negli ultimi anni mi capita spesso di riflettere su quanto la parola “formazione” sia diventata fragile nel turismo italiano. Si parla di competenze, di professionalità, di ricambio generazionale ma troppo spesso restano parole sospese, scollegate dalla realtà delle imprese. Gli ITS Academy o Istituti Tecnologici Superiori, rappresentano invece una possibilità concreta di riportare la formazione dentro la vita vera del lavoro, quella fatta di decisioni quotidiane, di errori, di risultati misurabili e di clienti reali.
Tuttavia, perché questa opportunità diventi davvero un valore, occorre fare un passo ulteriore: la qualità di questi percorsi dipenderà, in larga misura, dalla qualità e dal profilo dei docenti. A mio avviso, chi insegna negli ITS dedicati al turismo dovrebbe possedere una conoscenza pratica e vissuta in più ambiti del settore come l’albergo, il tour operator, l’agenzia di viaggi, il destination management, l’organizzazione di eventi, la gestione dei flussi internazionali, solo chi ha sperimentato sulla propria pelle le dinamiche del mercato può trasmettere agli studenti una visione completa, concreta, interdisciplinare del mondo turistico. Non basta una lunga militanza in un solo comparto, serve un orizzonte più ampio, una cultura del turismo come sistema integrato, dove ogni segmento dall’accoglienza al marketing, dalla distribuzione al territorio, contribuisce al risultato finale. È da questa convinzione che nasce la riflessione che segue “se vogliamo un turismo capace di competere e di innovare, dobbiamo costruire scuole che sappiano insegnare il mestiere, ma anche l’intelligenza e la responsabilità di chi vive il turismo come un organismo complesso”. Gli ITS Academy possono diventare la vera officina del turismo italiano, a patto che chi li guida porti in aula non solo le slide, ma il proprio vissuto.
Negli ultimi anni, mentre il turismo italiano cerca di reinventarsi dopo i colpi della pandemia e i cambiamenti strutturali del mercato, un nuovo protagonista è entrato in scena: l’ITS Academy.
Dietro questa sigla che per molti suona ancora come qualcosa di lontano e tecnico, si nasconde invece una delle leve più promettenti per il rilancio dell’ospitalità italiana sono la parte più innovativa del sistema educativo nazionale e rappresentano la risposta più concreta al bisogno di formare professionisti capaci di muoversi con naturalezza tra turismo, tecnologia e sostenibilità. Per decenni si è pensato al turismo come a un settore prevalentemente umanistico fatto di relazioni, lingue straniere e competenze gestionali ma la realtà, oggi, è ben diversa. Gli alberghi sono diventati microcosmi tecnologici, i villaggi vacanze sono vere e proprie città temporanee, le destinazioni turistiche devono gestire flussi di dati, energia, sicurezza e comunicazione. Il turismo moderno è un sistema complesso che vive di integrazioni tra domotica e accoglienza, tra analisi dati e gestione delle esperienze, tra mobilità sostenibile e comfort ambientale ecco allora che l’ITS Academy entra in scena non come alternativa, ma come completamento necessario della formazione turistica tradizionale.
A differenza delle università, spesso troppo teoriche, o delle scuole professionali classiche, troppo generaliste, gli ITS nascono per rispondere a esigenze reali delle imprese. Ogni corso è progettato insieme alle aziende del territorio con una logica di co-progettazione che traduce i bisogni del mercato in percorsi di studio concreti, il risultato è un modello formativo agile, dinamico che offre agli studenti non solo competenze ma un contatto diretto con il mondo del lavoro. In molti casi, le imprese stesse contribuiscono alla docenza e ospitano i tirocinanti, trasformando l’aula in un laboratorio di impresa.
Nel turismo, questa formula trova terreno fertile!
Oggi gli operatori del settore lamentano una carenza cronica di personale qualificato in quanto mancano cuochi, camerieri, receptionist ma soprattutto mancano tecnici specializzati, figure capaci di integrare conoscenza tecnologica e sensibilità per l’ospitalità e l’ITS offre proprio questo tipo di professionalità. Pensiamo al tecnico per la gestione dell’energia e della sostenibilità, figura sempre più richiesta dagli hotel che intendono ridurre i consumi e migliorare l’efficienza energetica oppure al data analyst del turismo, capace di interpretare i flussi dei visitatori e ottimizzare la promozione di una destinazione. Ci sono poi i tecnici della domotica applicata all’hospitality, che progettano camere “intelligenti”, in grado di adattare luce, temperatura e comfort alle preferenze dell’ospite, tutte professioni nuove, ibride, che nascono proprio dall’incrocio tra la cultura tecnica e quella turistica.
Un ITS che si occupa di turismo non forma dunque semplicemente receptionist evoluti, ma tecnici del viaggio e dell’accoglienza, persone in grado di usare strumenti digitali, gestire piattaforme di prenotazione, comprendere i meccanismi del marketing online, conoscere i principi della sostenibilità e al tempo stesso, saper leggere le emozioni dell’ospite. Il turismo moderno, infatti, non è solo prodotto ma esperienza, e l’esperienza nasce anche dalla capacità tecnica di creare ambienti confortevoli, efficienti, sostenibili.
Nell’ultimo triennio gli ITS legati al turismo si sono moltiplicati in tutta Italia, dal Veneto alla Puglia, dal Lazio all’Emilia-Romagna sino al Molise, dunque, diverse regioni hanno compreso che la formazione tecnica può diventare una chiave per dare nuova linfa al settore. L’ITS Academy Turismo Veneto ad esempio, collabora direttamente con le catene alberghiere e i consorzi locali per formare specialisti dell’hospitality management e del turismo digitale mentre in Puglia, un ITS ha avviato un percorso dedicato alla gestione sostenibile delle strutture ricettive, con moduli su energie rinnovabili e certificazioni ambientali. Nel Lazio si sperimenta l’integrazione tra ITS del turismo e ITS dedicati all’efficienza energetica creando figure ibride che uniscono competenze di facility management e conoscenze alberghiere. Sono esperienze che mostrano un’Italia viva, capace di innovare anche nella formazione, e che mettono in discussione la vecchia idea secondo cui il turismo si impara solo “sul campo”.
Eppure, il mondo alberghiero ha ancora molto da fare per aprirsi a questo nuovo modello, troppo spesso gli albergatori lamentano la mancanza di personale ma raramente partecipano in modo attivo ai processi formativi. Gli ITS, invece, si basano proprio su questa collaborazione non si tratta solo di ospitare stagisti ma di contribuire alla creazione dei programmi, di raccontare le proprie esigenze, di indicare le competenze necessarie per affrontare la quotidianità di un hotel moderno. Un albergatore che collabora con un ITS non si limita a formare giovani, ma investe nel proprio futuro, costruendo un bacino di talenti già tarati sulle esigenze della struttura. È un modo per trasformare la carenza di personale in un’opportunità di crescita condivisa.
La grande sfida dei prossimi anni sarà proprio questa: unire scuola e impresa, formazione e produzione, teoria e pratica. In un’epoca in cui tutto cambia velocemente, la formazione deve diventare continua, fluida, adattiva, gli ITS rappresentano un modello che va in questa direzione. I corsi durano in media due anni, sono gestiti da fondazioni pubblico-private e offrono una didattica orientata al “saper fare”. L’80% dei docenti proviene dal mondo del lavoro, e oltre il 70% degli studenti trova occupazione entro un anno dal diploma, numeri che nel turismo potrebbero fare la differenza, perché oggi la principale debolezza del settore non è la mancanza di idee, ma di competenze operative.
Gli ITS offrono inoltre una straordinaria opportunità per affrontare un tema spesso trascurato: la sostenibilità. Un hotel non è sostenibile solo perché adotta prodotti ecologici o riduce la plastica ma perché sa gestire in modo efficiente le proprie risorse quali energia, acqua, manutenzione, personale. Tutto questo richiede competenze tecniche precise e formare tecnici della sostenibilità turistica significa dunque, creare figure in grado di leggere i consumi, proporre soluzioni, dialogare con ingegneri e direttori d’albergo e in questo dialogo tra tecnica e umanità si nasconde la chiave del turismo del futuro.
Ma gli ITS non sono solo una scuola di mestiere sono anche una scuola di mentalità dove gli studenti imparano a lavorare per progetti, a collaborare, a risolvere problemi reali è un approccio che somiglia molto a quello che si vive in un hotel e dove ogni giorno bisogna trovare soluzioni pratiche, gestire emergenze, pianificare risorse. Chi esce da un ITS non ha solo competenze tecniche ma una visione d’impresa, una cultura dell’efficienza e della responsabilità e questo è un valore che nel turismo vale oro, perché l’ospitalità non è solo accogliere ma anche gestire, anticipare, innovare. In molte regioni italiane si stanno già sperimentando sinergie tra ITS e DMO (Destination Management Organization) con progetti che coinvolgono studenti nella costruzione di piani di marketing territoriale, nella mappatura digitale dei flussi turistici o nella progettazione di esperienze immersive, ciò rappresenta un nuovo modo di fare turismo, dove il sapere tecnico incontra la creatività e dove le nuove generazioni possono finalmente vedere una carriera solida e stimolante in un settore spesso considerato precario.
Anche la tecnologia spinge in questa direzione. L’intelligenza artificiale, i big data, i sistemi di prenotazione automatizzata, la realtà aumentata applicata alle visite culturali tutto questo richiede persone formate, capaci di gestire strumenti digitali complessi senza perdere il contatto umano. L’ITS può diventare la “palestra” ideale per queste nuove professioni, perché permette di costruire competenze pratiche su basi teoriche leggere, con una formazione continua e aggiornabile perché la rapidità con cui il turismo evolve non consente più di affidarsi solo all’esperienza o all’improvvisazione, servono percorsi strutturati che uniscano la concretezza dell’officina e la visione del laboratorio.
Guardando al futuro, gli ITS potrebbero essere anche una risposta al grande problema dello spopolamento giovanile dei territori minori in quanto la creazione di corsi ITS in borghi e aree interne legati al turismo rurale e alla valorizzazione dei beni culturali, significherebbe trattenere i giovani sul territorio, offrendo loro un motivo per restare e una prospettiva di lavoro concreta. Un ITS diffuso e connesso alle comunità locali può diventare uno strumento di sviluppo territoriale, una sorta di “motore del turismo esperienziale” che nasce dove il turismo si fa davvero e non dove si studia in astratto.
Il turismo italiano ha bisogno di competenze nuove di una cultura tecnica applicata all’accoglienza, di un patto formativo tra scuole, imprese e istituzioni e gli ITS sono una delle poche innovazioni educative degli ultimi decenni che hanno dimostrato di funzionare eppure, il loro potenziale nel turismo è ancora parzialmente inespresso. Servirebbe una politica più coraggiosa che incentivasse la nascita di ITS tematici dedicati all’hospitality con moduli su sostenibilità, gestione energetica, comunicazione digitale e design dell’esperienza turistica servirebbe, soprattutto, una visione condivisa tra chi forma e chi accoglie, tra chi progetta e chi dirige un albergo.
In un Paese come l’Italia dove il turismo vale più del 13% del PIL non si può lasciare la formazione al caso. Ogni ospite, ogni territorio, ogni struttura rappresenta un sistema da conoscere e migliorare e per farlo servono figure preparate, capaci di connettere sapere tecnico e sensibilità umana. Forse, nei prossimi anni, sentiremo sempre più spesso di direttori d’hotel che arrivano da un ITS, di project manager formati in questi istituti, di tecnici della sostenibilità che nascono nei laboratori dove un tempo si studiavano circuiti o sistemi di automazione sarà la prova che il turismo ha finalmente smesso di essere solo emozione e bellezza, e ha iniziato a riconoscere il valore della competenza. Un’ospitalità intelligente, consapevole, capace di parlare il linguaggio della tecnologia senza perdere quello dell’accoglienza.
In fondo, l’Italia è sempre stata una scuola di arte e ingegno e oggi può tornare a esserlo nel turismo, grazie a un modello formativo che guarda avanti ma resta radicato nel territorio, perché il futuro dell’ospitalità non nascerà nei corridoi delle università ma nei laboratori dove la teoria incontra la pratica e dove ogni giovane può imparare che accogliere significa anche costruire, progettare, innovare.

