napoli

Negli ultimi anni Napoli è passata dall’essere una città spesso trascurata nei grandi circuiti internazionali a diventare uno dei fenomeni turistici più affascinanti del panorama europeo. La crescita dei flussi, l’attenzione dei media internazionali, il rinnovato interesse degli investitori nel settore ricettivo e la riscoperta del suo patrimonio artistico e culturale ne fanno oggi una delle destinazioni più dinamiche del Mediterraneo. Ma dietro l’euforia dei numeri si cela una domanda fondamentale per chi lavora nel turismo, dagli operatori locali agli amministratori pubblici, dai consulenti agli imprenditori dell’accoglienza: questo boom sarà duraturo o è destinato a spegnersi come una fiammata passeggera. Per rispondere occorre innanzitutto comprendere che cosa ha reso possibile questa accelerazione improvvisa.

Napoli è riuscita a coniugare diversi fattori in un equilibrio potente e al momento vincente, la prima chiave è l’autenticità! In un’epoca in cui il turista cerca esperienze vere, contatto umano, senso di appartenenza ai luoghi che visita, Napoli si propone come uno dei pochi spazi urbani europei dove il vissuto quotidiano è ancora profondamente intrecciato alla cultura popolare. I vicoli affollati, i mercati rionali, i profumi che invadono le strade, la gestualità, le voci, i rituali quotidiani sono parte integrante dell’esperienza turistica. Napoli non è costruita per i turisti, fuoriesce da un’ipotetica lista di “destinazioni standard” ed è proprio per questo che i turisti la cercano. Un secondo fattore è legato alla potenza del suo immaginario culturale, alimentato negli ultimi anni da una produzione artistica e narrativa di respiro internazionale. I romanzi di Elena Ferrante, la serie TV Gomorra, il successo di Mare Fuori, la musica di artisti contemporanei hanno restituito Napoli a un pubblico globale, spesso giovane e cosmopolita, creando un ponte emozionale tra il visitatore e la città ancor prima dell’arrivo fisico. Ciò ha permesso a Napoli di diventare più di una meta: è diventata uno stato mentale, un’idea potente, un simbolo di vitalità e complessità urbana.

Non va sottovalutato il ruolo della gastronomia, forse il più efficace strumento di attrazione turistica. L’enorme varietà e qualità della cucina partenopea, dai piatti di strada come la pizza fritta e il cuoppo, fino ai ristoranti stellati e alle trattorie storiche, rappresenta un patrimonio immateriale che genera fidelizzazione. I turisti mangiano a Napoli non solo per necessità, ma per desiderio e la cucina diventa racconto, memoria, rituale. Il “food tourism” a Napoli non è un comparto a parte ma è parte integrante della strategia di posizionamento della destinazione. A questi elementi si aggiunge la riscoperta del patrimonio culturale e museale: il centro storico di Napoli, tra i più estesi d’Europa e riconosciuto dall’UNESCO, si propone come una sequenza continua di stratificazioni storiche, che vanno dalla città greco-romana sotterranea ai fasti del barocco, fino alle testimonianze contemporanee di street art e design urbano, inoltre la vicinanza con siti iconici come Pompei, Ercolano, la Reggia di Caserta, Capri e la Costiera ha contribuito a rafforzare l’attrattività della città come hub turistico strategico.

Ma è proprio questo successo che impone una riflessione strategica dove uno dei rischi di questo boom è il collasso. Al crescere della domanda turistica, le città che non riescono a gestire l’impatto rischiano di trasformare il turismo da risorsa a problema (Venezia, Barcellona, Amsterdam lo insegnano). A Napoli si cominciano a vedere i segni di un overtourism in formazione: congestione nei quartieri centrali, pressione abitativa legata alla proliferazione di affitti brevi, carichi infrastrutturali non sempre adeguati, perdita di residenzialità nei luoghi più turistici, aumento del turismo mordi e fuggi e per evitare che tutto ciò si trasformi in una deriva, servono visione, coordinamento e lungimiranza. Napoli deve costruire un modello turistico che vada oltre l’improvvisazione e il vantaggio immediato, serve innanzitutto una strategia di decentramento dell’offerta: la città non può più reggere la pressione solo sul centro storico e sul lungomare, quartieri come la Sanità, Capodimonte, Materdei, Bagnoli e l’area Flegrea devono essere valorizzati e messi in rete con itinerari alternativi, capaci di distribuire i flussi e generare benefici economici più equi. Questo implica investimenti in mobilità, segnaletica, sicurezza, animazione culturale e supporto all’imprenditoria locale. Un secondo pilastro fondamentale è l’innalzamento della qualità dell’accoglienza, non basta aprire strutture ricettive: serve personale formato, preparato, motivato. L’accoglienza è il primo e l’ultimo punto di contatto con il turista, e spesso ciò che definisce la reputazione complessiva di una destinazione, occorre quindi investire nella formazione linguistica, digitale e relazionale degli operatori, valorizzare le scuole di turismo, sostenere progetti di aggiornamento costante.

Accanto a questo, è necessario regolare in maniera più efficace il settore dell’extra-alberghiero, il boom dei B&B ha avuto un ruolo determinante nella rinascita turistica di Napoli ma oggi rischia di generare effetti distorsivi se non governato: aumento dei prezzi delle abitazioni, sostituzione della residenza stabile con l’ospitalità temporanea, concorrenza sleale nei confronti degli hotel tradizionali. Serve una mappatura completa, una regolamentazione coerente, una fiscalità equa che premi la qualità e scoraggi l’improvvisazione e l’abusivismo. Altro nodo cruciale è la valorizzazione del patrimonio immateriale: Napoli è fatta anche di voci, canti, racconti, rituali, spiritualità popolare, artigianato e i residenti non devono essere spettatori del fenomeno turistico, ma attori protagonisti. Ogni bottega, ogni piazza, ogni cucina può diventare luogo di esperienza ma ciò richiede strumenti, formazione, reti di collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore. A monte di tutto, è necessaria una governance forte, multilivello, capace di coordinare Comune, Regione, associazioni di categoria, università, enti culturali e comunità locali, un piano strategico condiviso, fondato su obiettivi misurabili, visione a lungo termine e monitoraggio costante dei risultati deve sostituire l’approccio frammentario e reattivo che spesso caratterizza la gestione del turismo urbano in Italia.

Infine, Napoli deve imparare a conoscersi attraverso i dati. Solo con strumenti di analisi, big data, osservatori permanenti sul turismo sarà possibile anticipare i trend, calibrare le politiche, adattarsi alle sfide. Napoli ha oggi una straordinaria opportunità: diventare una capitale turistica del Mediterraneo non solo per quantità di flussi, ma per qualità dell’offerta e sostenibilità del modello ma questo salto richiede maturità, responsabilità e coraggio e non basta più accogliere il turismo, bisogna progettarlo, plasmarlo, condividerlo e il boom può diventare uno spartiacque, l’inizio di una nuova era.

Autore

  • Mino Reganato si occupa di gestione del management e del marketing di strutture ricettive e tour operator da lungo periodo, vantando numerose esperienze in diverse località nazionali ed internazionali.  Amministratore di società operanti nel settore turistico-alberghiero ed in campo associativo nella sua lunga carriera ha partecipato a numerosi progetti per il destination management territoriale, disciplina di cui è anche formatore oltre ad aver ricevuto diversi premi nel settore turistico-alberghiero. Scrive articoli di approfondimento relativi al settore turistico e alberghiero per il suo blog Hotel & Tourism Management Group e occasionalmente per alcune testate giornalistiche online.

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