Il turismo appare come il grande assente nelle decisioni di rilancio dell’economia prese dal governo. O meglio: valgono tutte le misure generiche ma non c’è nulla di specifico per un settore che pure appare il più colpito nel suo contributo al Pil nazionale. E il ministro Dario Franceschini, che ha la delega al Turismo, sembra scomparso dalla scena pubblica proprio nel momento in cui il settore turistico avrebbe più bisogno di qualcuno che ne difenda i legittimi interessi. Per porre l’attenzione sull’industria che ruota intorno al turismo ANBBA, CONFGUIDE, FIAVET, FIPE hanno aderito a una lettera inviata al Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini, adesione che è stata proposta a tutte le associazioni di Confturismo Confcommercio per rappresentare nel modo più ampio la filiera, in particolare le PMI. Il senso di questa lettera è che il rilancio dell’economia del Paese non sarà infatti esclusivamente ad opera di grandi giganti del mondo finanziario, ma di quel tessuto produttivo da sempre accusato con snobismo di nanismo imprenditoriale, cui si deve la più grande fetta del Pil italiano. Nessuno dovrà essere lasciato indietro, non le piccole agenzie di viaggi dell’ultima provincia italiana, non il bar del cappuccino quotidiano, non le piccole case vacanza cui si rivolgono della maggior parte delle famiglie, non le guide che hanno studiato e lottato per raggiungere la loro posizione e sono ora ferme in attesa di 600 euro.
“Sappiamo bene che il ruolo di ciascuna delle categorie di imprese e professionisti rappresentate – e del settore nel suo complesso – sarà fondamentale nel rilancio del Paese al termine della crisi in corso: forse il più importante, in considerazione della trasversalità economica che da sempre caratterizza il turismo” scrivono al Ministro.
Avvertono che per la completa ripresa ci sarà bisogno “che il sistema si presenti integro, evitando che grandi gruppi della finanza mondiale, che da tempo hanno puntato gli occhi su questa nostra grande risorsa nazionale, possano compiere agevolmente campagne di acquisizione a basso costo, trasferendo così nel PIL di altri Paesi una parte cospicua del valore aggiunto che il turismo italiano genera”.
Tutte queste piccole e medie imprese, queste partite iva, sono state le prima a soffrire, su scala nazionale, gli effetti dell’epidemia da COVID-19 e dei provvedimenti adottati per contenerla e si sono rimboccati le maniche anche dopo aver abbassato la serranda, per far rientrare i propri clienti dall’estero, per formarsi, per progettare un futuro. “Di tutta evidenza quindi la necessità di un intervento urgente a supporto delle categorie più direttamente coinvolte: attività ricettive alberghiere ed extra alberghiere, pubblici esercizi come ristoranti, bar e locali di intrattenimento, attività dell’intermediazione come agenzie di viaggi e tour operator, stabilimenti balneari, porti turistici e professionisti come guide e accompagnatori turistici” prosegue la lettera al ministro.
In definitiva questo comporta la necessità di un intervento straordinario, fuori dagli schemi fino ad ora adottati, “per la costituzione di uno o più fondi di emergenza dedicati al settore, che ammortizzino il contraccolpo del fermo totale delle attività, pongano gli operatori nella condizione di riaffacciarsi sul mercato con la loro offerta nel momento della ripartenza, riducano al massimo l’impatto sui livelli occupazionali ed assicurino il rispetto degli impegni presi in questa fase con i clienti dei loro servizi”.
Le associazioni chiedono infine di aprire con urgenza un tavolo tecnico, con l’eventuale partecipazione dei rappresentanti di altri dicasteri da coinvolgere nell’iniziativa, per affrontare il tema e individuare le soluzioni più adeguate da adottare.