Le prestazioni dei modelli di intelligenza artificiale nei compiti linguistici complessi dipendono meno dalla loro dimensione o da sofisticate tecniche di addestramento avanzato e molto di più da come vengono guidati a “pensare” durante la fase di inferenza. È questa una delle evidenze centrali che emerge dal paper della Cornell University “Reasoning with Sampling: Your Base Model is Smarter Than You Think“, firmato da Aayush Karan e Yilun Du.
Lo studio mette in discussione uno dei presupposti più diffusi nello sviluppo dei large language model: l’idea che per migliorare le capacità di ragionamento servano modelli sempre più grandi o cicli aggiuntivi di reinforcement learning. Al contrario, i ricercatori dimostrano che i modelli di base possiedono già capacità di ragionamento latenti, che possono essere attivate attraverso tecniche di campionamento iterativo e raffinamento multipassaggio, senza alcun ulteriore fine tuning.
I dati mostrano che le performance migliorano in modo significativo quando il modello non è vincolato a una singola generazione “one shot”, ma può esplorare più percorsi di soluzione. L’elemento chiave è l’esplorazione in fase di inferenza, che consente una convergenza graduale verso risposte più accurate, coerenti e contestualizzate. In altri termini, l’AI funziona meglio quando le viene lasciato lo spazio per valutare, correggere e affinare il proprio ragionamento.
Questo principio ha ricadute concrete su tutti i contesti in cui il linguaggio non è solo informativo, ma anche relazionale e strategico. Un esempio applicativo arriva dal settore hospitality, dove la gestione delle recensioni online richiede equilibrio tra empatia, coerenza di brand e attenzione reputazionale. In questo ambito opera Rebyū, piattaforma di intelligenza artificiale pensata per supportare hotel e strutture ricettive nella risposta alle recensioni degli ospiti.
Rebyū non nasce come un semplice strumento di automazione testuale. La piattaforma è progettata per trattare ogni recensione come un asset reputazionale, integrando analisi del sentiment, contesto del brand e obiettivi di comunicazione. Dal punto di vista tecnico, il sistema utilizza un processo di inferenza articolato su più passaggi: quattro iterazioni successive che permettono al modello di affinare progressivamente la risposta.
I dati interni indicano che ogni output viene generato a partire da un contesto medio di circa 497 parole di prompt strutturato. In questo perimetro rientrano elementi come il tone of voice della struttura, l’intento espresso o implicito dell’ospite, le sfumature culturali e la strategia di risposta più appropriata. Un approccio che si discosta nettamente dalle soluzioni basate su template statici o prompt singoli, ancora diffuse nel mercato.
La ricerca della Cornell University fornisce oggi una cornice teorica a questo tipo di scelte architetturali. Secondo gli autori del paper, consentire ai modelli di esplorare più traiettorie di ragionamento riduce il rischio di risposte superficiali o stereotipate e migliora la qualità complessiva dell’output linguistico. Un risultato che non dipende dall’accesso a modelli più potenti, ma dalla progettazione dell’inferenza.
In questo senso, Rebyū rappresenta una testimonianza pratica di come i principi descritti nello studio possano essere applicati in un contesto operativo reale. La piattaforma dichiara di ottenere risultati superiori rispetto a sistemi concorrenti su metriche come la personalizzazione delle risposte, la coerenza stilistica e la gestione delle differenze interculturali, attribuendo questi risultati non al modello sottostante, ma all’orchestrazione del prompting.
«L’iterazione non è inefficienza, ma lo spazio in cui l’intelligenza prende forma», osserva Maurizio D’Atri, Creative Director di Rebyū, richiamando un concetto che trova riscontro diretto nei dati del paper. Sulla stessa linea Simone Puorto, cofondatore della piattaforma, secondo cui il valore dell’AI nell’ospitalità non risiede nella velocità di risposta, ma nella capacità del sistema di ragionare in modo guidato e contestuale.
Al di là del singolo caso applicativo, lo studio della Cornell University contribuisce a ridefinire le priorità nello sviluppo dell’AI generativa. Le prestazioni più rilevanti emergono dal modo in cui ai modelli viene consentito di ragionare durante l’inferenza, più che dalle sole scelte di addestramento. Un cambio di prospettiva che apre nuove strade per l’uso dell’intelligenza artificiale in tutti quei settori in cui il linguaggio è parte integrante del valore, dalla reputazione alla relazione con il cliente.
Il paper Reasoning with Sampling: Your Base Model is Smarter Than You Think è disponibile pubblicamente su arXiv e rappresenta uno dei contributi più rilevanti sul tema del ragionamento iterativo nei modelli linguistici di base.

