Nel 2018 la spesa per viaggi d’affari ha superato i 20 miliardi di euro, in crescita del 2,8%. Il quadro rimane positivo anche nel 2019 con incrementi previsti tra 3,0 e 4,5 punti percentuali, ma sulle proiezioni gravano ampi margini di incertezza legati all’evoluzione dell’economia nazionale, all’acuirsi del sovranismo europeo e del protezionismo mondiale.
L’anno scorso è stato favorevole soprattutto ai viaggi per incontrare clienti e fornitori che rappresentano il 58,9% dei viaggi d’affari, in crescita del +4,7%. Crescono anche i viaggi per riunioni aziendali (+2,1%) e per partecipare a fiere (+1,6%) mentre il dato più critico è la contrazione nel settore congressuale (-4,5%). Nonostante questo il MICE rappresenta ancora circa il 16% dei viaggi d’affari, contro il 12,8% dei meeting aziendali e l’11,2% dei viaggi per fiere.
L’arretramento, spiegano i ricercatori, sottende un calo d’investimenti nella formazione scientifica e tecnologica del capitale umano, potenziale rischio per l’espansione congiunturale della nostra economia futura. Il +1,6% del comparto fieristico rappresenta, invece, una discontinuità con il recente passato.
Il quadro lo traccia il Nuovo Osservatorio sui Viaggi d’Affari (Nova), che nel dicembre 2018 ha concluso la sua terza edizione. Promosso da importanti player della business travel industry – AirPlus International, Amadeus, HRS e Lufthansa Group – lo studio è stato realizzato dal professor Andrea Guizzardi con il supporto del Dipartimento di scienze statistiche e del Centro di studi avanzati sul turismo (Cast) dell’Università di Bologna.
Secondo l’osservatorio aumentano i pernottamenti (4%) e la durata media dei viaggi, specie intercontinentali. L’importante progresso delle trasferte più lunghe (+4,7%) riflette il consolidamento degli investimenti italiani all’estero.
Il mercato nazionale guida la crescita del numero di viaggi (+2,9%). La minore espansione del segmento internazionale (+2,2%) non modifica il trend positivo, che l’ha visto crescere del 15% nell’ultimo decennio. Destinazioni elettive sono Usa, Giappone e Germania.
Anche la spesa aumenta soprattutto sul mercato nazionale (+4,2%). A frenare l’internazionale (+2,0%) la svalutazione del dollaro, che ha permesso un risparmio di 330 milioni di euro alle aziende italiane.
Nel suo insieme, il trasporto incide per il 56,9% sui budget delle aziende italiane (+2,2%).
«Il processo di ristrutturazione industriale avvenuto nel nostro Paese – spiega il professor Guizzardi – ha diminuito gli organici degli uffici viaggi portando la spesa media gestita da 174mila a 259mila euro (+49%) tra 2004 e 2018 e a un ruolo più attivo dei viaggiatori. La maggiore attenzione al controllo ha implicato costi di apprendimento importanti, che però raramente si sono tradotti nel riconoscimento di una professionalità specifica per i gestori del travel. Solo il 13% delle aziende intervistate ha almeno un addetto dedicato, mentre il 68% fa gestire i viaggi a dipendenti che hanno un’altra funzione principale».