Il Gruppo Moby ha reso noto l’emissione del decreto di archiviazione definitiva del concordato di Moby e Tirrenia-Compagnia Italiana Navigazione. Si chiude così una vicenda che si trascinava da anni.
Il Gruppo guarda ora con ottimismo al futuro, mentre prosegue il piano di rilancio aziendale già intrapreso che sta già facendo segnare risultati positivi in termini di prenotazioni per la prossima stagione.
Atteso a breve l’ingresso in flotta della nuova Moby Legacy, gemella di Moby Fantasy che ha iniziato a operare la scorsa estate; i due traghetti sono i più grandi e tecnologicamente avanzati al mondo.
Si rafforza così il primato sulla Sardegna cui si aggiunge l’apertura di due nuove tratte da e per la Corsica e la conferma delle altre destinazioni già servite dalla Compagnia come Sicilia e Isola d’Elba.
Come spiega il Sole 24 ore decisivo per l’archiviazione è stato l’intervento del gruppo Msc che ha supportato Moby con una iniezione di capitale che ha permesso il pagamento, a saldo e stralcio, del debito con lo Stato, per circa 80 milioni, relativo al mancato pagamento di alcune rate del prezzo di acquisto dell’ex Tirrenia. Msc successivamente è entrata al 49% nel capitale di Moby con 150 milioni di euro e ha messo a disposizione, tramite una società del gruppo, la Sas (Shipping agencies services), come finanziamento soci, circa 315 milioni per saldare i creditori dell’azienda della famiglia Onorato e permettere così la chiusura del concordato preventivo.
La storia di Moby e Tirrenia è stata segnata da anni di crisi finanziaria e tentativi di risanamento. La crisi ebbe inizio con la privatizzazione di Tirrenia nel 2012, quando CIN (Compagnia Italiana di Navigazione) acquistò la compagnia. CIN era costituita da tre aziende di primo piano del settore: Marinvest di Gianluigi Aponte, Moby di Vincenzo Onorato e Grimaldi Lines di Emanuele Grimaldi. Al momento della privatizzazione, Tirrenia aveva debiti per 520 milioni di euro e CIN riuscì adcomprarla per 380 milioni. Sulla vendita intervenne però l’Antitrust europeo, che rilevò una posizione dominante, motivo per cui Aponte e Grimaldi uscirono dalla società, che divenne partecipata al 40% da Moby, al 30% dal fondo Clessidra, al 20% da GIP, Gruppo investimenti portuali, e al 10% dall’imprenditore Francesco Izzo.
Nel luglio del 2015 Onorato completò l’acquisizione di CIN liquidando i soci con 100 milioni di euro e nel 2016 chiuse un’operazione di rifinanziamento per complessivi 560 milioni di euro, di cui 300 milioni con un bond in scadenza nel 2023. I conti però non si sono risanati e la pandemia ha fatto il resto: a luglio 2020 Moby e CIN si sono appellate alla legge fallimentare presentando una richiesta di “concordato in bianco” al tribunale di Milano. Alla scadenza, però, CIN non ha presentato nessun piano e il 15 aprile 2021 la procura di Milano ne ha chiesto il fallimento indicando un passivo della società di circa 200 milioni e debiti scaduti per circa 350-400 milioni, di cui 180 nei confronti dell’amministrazione straordinaria. Da qui si è poi arrivati a una nuova richiesta di concordato a giugno 2021, vicenda che ora finalmente può dirsi conclusa, dopo un percorso lungo e complesso che ha richiesto un radicale cambiamento nella governance aziendale.