fumata bianca

Alle ore 18:07 dell’8 maggio 2025, una fumata bianca ha annunciato al mondo l’elezione del 267° Pontefice della Chiesa cattolica. Il conclave, iniziato il giorno precedente, ha raggiunto il quorum necessario di 89 voti al quarto scrutinio, segnando una delle elezioni più rapide nella storia recente del papato. Sale al soglio pontificio il cardinale statunitense Robert Francis Prevost, che ha scelto il nome di Leone XIV. Con questa elezione, la Chiesa cattolica inizia un nuovo capitolo, guidato da un pontefice con una vasta esperienza pastorale e una profonda conoscenza delle dinamiche ecclesiali globali.

L’elezione al quarto scrutinio richiama precedenti storici, come quella di Benedetto XVI nel 2005 e di Giovanni Paolo I nel 1978, entrambe avvenute con la stessa rapidità. Questo conclave si distingue anche per la sua composizione multiculturale, con 133 cardinali elettori provenienti da 70 paesi, riflettendo la crescente diversità della Chiesa universale

Robert Francis Prevost: il canonista agostiniano al servizio della riforma

Robert Francis Prevost è nato il 14 settembre 1955 a Chicago, negli Stati Uniti. È membro dell’Ordine di Sant’Agostino (O.S.A.) e ha svolto un’intensa attività pastorale e accademica, prima negli Stati Uniti e poi in missione all’estero, soprattutto in America Latina. La sua traiettoria ecclesiale unisce rigore accademico, esperienza missionaria e competenza nei meccanismi interni della Curia romana.

Ordinato sacerdote agostiniano nel 1982, Prevost ha conseguito il dottorato in diritto canonico presso il Pontificio Istituto di Diritto Canonico della Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino (Angelicum) a Roma. Dopo gli studi è stato missionario in Perù per diversi anni, dove ha svolto ruoli di crescente responsabilità, sia come pastore che come formatore. È stato anche rettore del seminario maggiore di Trujillo, oltre che responsabile di varie attività educative e sociali legate all’Ordine agostiniano.

Nel 2001 è stato eletto priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, carica che ha ricoperto per due mandati consecutivi fino al 2013. In questo periodo ha viaggiato in tutto il mondo, rafforzando le comunità agostiniane e promuovendo una spiritualità comunitaria e di servizio.

Nel 2014 Papa Francesco lo ha nominato vescovo di Chiclayo, in Perù, dove ha lavorato per una Chiesa vicina ai poveri, impegnata nella formazione del clero e nella promozione della giustizia sociale. Nel 2020 è stato chiamato a Roma come membro della Congregazione per il Clero, e nel 2023 è stato nominato Prefetto del Dicastero per i Vescovi, uno degli incarichi più delicati e influenti nella Curia romana, con la responsabilità della selezione dei vescovi nel mondo.

Il 30 settembre 2023 è stato creato cardinale da Papa Francesco, entrando ufficialmente nel Collegio cardinalizio.

Prevost è considerato vicino alla visione di Chiesa di Papa Francesco: pastorale, decentralizzata, attenta alla formazione e alla riforma. Parla fluentemente inglese e spagnolo, ed è apprezzato per il suo stile sobrio e riflessivo, con un forte senso dell’istituzione e una profonda conoscenza del diritto canonico.

Cosa succede ora: i riti dopo la nomina a papa

Dopo la fumata bianca che annuncia al mondo l’elezione di un nuovo Papa, hanno inizio una serie di riti e passaggi che danno ufficialmente avvio al nuovo pontificato, scanditi da formule e gesti solenni, alcuni dei quali antichi di secoli, altri più recenti, introdotti per sottolineare la dimensione pastorale della figura del Pontefice.

Tutto comincia con la frase latina «Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam!» (Vi annuncio con grande gioia: abbiamo un Papa!), pronunciata dal cardinale protodiacono — in questo caso Dominique Mamberti — dalla Loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro, rivolgendosi alla folla radunata in piazza e ai milioni di persone collegate attraverso i media. È un momento unico, che va oltre il significato religioso e coinvolge anche coloro che sono lontani dalla fede, per il suo carattere storico e simbolico. Questo annuncio segue la fumata bianca che, salendo dal comignolo della Cappella Sistina, segna il raggiungimento del quorum previsto: almeno due terzi dei cardinali elettori (89 su 133) devono aver espresso consenso verso lo stesso nome.

Quando il cardinale che ha ottenuto il consenso supera il numero richiesto, l’intera assemblea scoppia in un applauso, mentre la conta dei voti prosegue fino alla fine. A quel punto, il cardinale più giovane dell’ordine dei diaconi convoca il Maestro delle celebrazioni liturgiche e il segretario del Collegio cardinalizio. Poi il primo cardinale dell’ordine dei vescovi si rivolge all’eletto con la formula: «Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?» (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?). È una domanda formale, ma non puramente simbolica: nella storia ci sono stati rari casi di rifiuto, come quello di Adriano II, che accettò il pontificato solo al terzo conclave a lui favorevole.

Se l’eletto accetta, viene posta un’ulteriore domanda: «Quo nomine vis vocari?» (Con quale nome vuoi essere chiamato?). È il momento in cui il nuovo Papa sceglie il proprio nome pontificale, decisione spesso carica di significato e che intende orientare e ispirare il suo futuro magistero.

A conclusione dell’accettazione, le schede votate vengono bruciate in una stufa, mentre un’altra emette il fumo bianco visibile dall’esterno. Nel frattempo, il Papa appena eletto viene accompagnato nella cosiddetta “stanza delle lacrime”, la sacrestia della Cappella Sistina. Il nome allude al carico emotivo che molti Pontefici hanno vissuto in quel momento, spesso segnato dalle lacrime per la responsabilità assunta. In quella stanza lo attendono tre vesti bianche di taglie diverse: il nuovo Papa indossa quella più adatta alla sua corporatura, aiutato dai cerimonieri, prima di presentarsi al mondo.

Prima di affacciarsi alla Loggia, si svolgono altri momenti rituali: la preghiera dei cardinali per il nuovo Pontefice, l’omaggio individuale dei confratelli e il canto del “Te Deum”, che sancisce ufficialmente la chiusura del conclave.

Successivamente viene fissata in tempi brevi la messa di inizio del pontificato, che si tiene nella Basilica di San Pietro e rappresenta il momento pubblico dell’insediamento. È un evento che richiama capi di Stato, leader religiosi, fedeli da tutto il mondo e una vasta copertura mediatica. Durante la celebrazione, il nuovo Papa riceve due simboli del suo mandato: il pallio, segno della sollecitudine del pastore, e l’anello del pescatore, che richiama la figura di Pietro.

Un tempo si parlava di “messa di incoronazione” o “intronizzazione”, con una forte enfasi simbolica e cerimoniale. Tuttavia, da Giovanni Paolo I in poi e con maggiore decisione da Papa Francesco, queste liturgie sono state rese più semplici e meno sfarzose, in linea con una Chiesa più sobria e vicina alla gente.

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