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Il caro energia rischia di far saltare il banco della prossima stagione sciistica. Gli aumenti non sono sostenibili per gli impiantisti, c’è la necessità di un impegno diretto dell’attuale Governo per affrontare questa nuova terribile emergenza. L’argomento interessa tutto il settore produttivo ma è assolutamente vitale per il turismo invernale, che si basa sullo sci e sugli impianti di risalita che sono azionati elettricamente e come tali rappresentano il modo più sostenibile di fruire la montagna.

“Il costo dell’energia è aumentato anche di 6 volte rispetto ad agosto 2021 – commenta Valeria Ghezzi, presidente di ANEF – A questo punto, l’energia che serve per alimentare gli impianti di risalita e i sistemi di innevamento programmato, quando servono, a cui si aggiunge il gasolio utilizzato dai mezzi battipista, rischia di diventare un costo insostenibile. Un costo che andrebbe a minare le sorti di tutta la filiera che vive dell’industria della neve e comprende hotel, ristoranti, trasporti, scuole di sci. La preoccupazione va soprattutto alle tante piccole imprese che operano nel settore e che rischiano di chiudere”.

Chiaramente questo smisurato aumento dei costi non potrà essere scaricato sugli utenti: il probabile aumento di prezzo degli non sarà infatti sufficiente a compensare le perdite dovute a bollette dell’energia i cui importi si sono moltiplicati. Un fatto ancora più drammatico se si pensa che lo sci e il suo indotto hanno un valore economico e sociale insostituibile per le nostre montagne essendo, ad oggi, una delle poche attività che produce valore e posti di lavoro nelle “terre alte”. Un valore quantificabile in 6.5 miliardi di euro di fatturato e 75.000 posti di lavoro.

Marco Grigoletto, presidente di ANEF Veneto aggiunge:”Siamo preoccupati per i costi di gestione. Già a luglio abbiamo avuto società impianti che hanno avuto costi più alti dei ricavi a causa del caro energia. Si è passati da 0,09 euro/KWH 0,5002 euro/KWH. Già lo scorso inverno la bolletta era aumentata in maniera considerevole, ora diventa davvero difficile affrontare una stagione con costi così elevati. Questo potrebbe portare a rincari negli skipass dal 5 al 10%”.

Ancora più drastico il punto di vista di Massimo Fossati, presidente di ANEF Lombardia: “A questo punto il problema è la sostenibilità economica: per fronteggiare gli aumenti dei costi dovremmo proporre aumenti del 20-25%”. Marco Rocca, presidente di Mottolino Fun Mountain, spiega come “A budget devo mettere 3,8 milioni di euro contro 1,1 della stagione 2018/2019. Società come quella che rappresento non possono permettersi di pensare al prossimo bilancio sapendo già che sarò in pesantissima perdita e che tutto il possibile margine che nei nostri piani industriali, sarebbero serviti per programmare i prossimi investimenti in vista delle Olimpiadi di cui saremo location ospitante, verranno totalmente erosi dai costi energetici al punto tale da prevederne bilanci in rosso. Non credo nemmeno che si possa ipotizzare un completo ribaltamento dei costi al cliente finale”

Sulle Alpi Occidentali le preoccupazioni sono le medesime: “Già quest’estate abbiamo fatto girare gli impianti con costi fuori da ogni logica – ha commentato Giampiero Orleoni, presidente di ANEF Piemonte – In vista dell’inverno non sappiamo veramente dove andremo a finire, innanzitutto perché al momento non c’è nessuna certezza, non abbiamo alcuna garanzia. Di certo per noi può diventare davvero insostenibile, con prezzi a questi livelli non so cosa potremmo fare, potrebbe diventare controproducente aprire. Noi chiaramente offriamo un servizio che non è essenziale, se ribaltiamo il costo sugli utenti chiaramente avremo un’affluenza minore. Una parte della soluzione potrebbe essere quella di far riconoscere le società impianti come aziende energivore”.

“Chiaramente il caro energia inciderà pesantemente. Siamo a costi triplicati rispetto all’ante crisi e non è detto che ad autunno non ci siano ulteriori aumenti – ha spiegato Danilo Chatrian, presidente di ANEF Valle d’Aosta – Inevitabilmente questo avrà ripercussioni sulle tariffe degli skipass, fatto che può portare a un’incognita sulla frequentazione delle nostre ski area. Chi ha una clientela più alto-spendente potrà probabilmente assorbire meglio la situazione mentre le più piccole dovranno stare maggiormente attente all’aumento dei prezzi”.

In Appennino il problema assume dimensioni ancora più preoccupanti. “Dopo due anni di pandemia ci mancava solo questa tegola – ha spiegato Luciano Magnani, rappresentante di ANEF Emilia Romagna – Dobbiamo pensare seriamente a come impostare la prossima stagione e non possiamo che pensare ad un aumento dei prezzi degli skipass. Desta preoccupazione inoltre il fatto che anche il tipo di sciatori che frequentano le nostre stazioni scelgono normalmente visite in giornate o weekend, quindi il costo del carburante li penalizza ulteriormente”.

“Chiediamo – conclude la Presidente Valeria Ghezzi – che il tema energetico venga messo in cima all’agenda elettorale e chiediamo di essere interpellati in qualità di aziende da cui dipende il turismo invernale. Le imprese non possono affrontare da sole questo momento, serve un impegno preciso oltre che urgente che permetta a chi gestisce le ski area di programmare la prossima stagione sciistica”.

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La stagione sciistica quest’anno si sta svolgendo regolarmente ma gli impiantisti sono in crisi per l’intero inverno (2020/2021) trascorso senza poter lavorare, per le restrizioni dirette e indirette causate dalle norme anti Covid e per i rincari energetici e delle materie prime. Ne ha discusso Valeria Ghezzi, presidente di ANEF, la scorsa settimana in audizione presso la Quinta commissione permanente al Senato della Repubblica, in cui ha esposto le considerazioni della categoria circa il Decreto Sostegni Ter.

“Dopo quasi due anni di chiusura, finalmente quest’inverno gli impianti a fune hanno potuto lavorare – ha spiegato Valeria Ghezzi – Tuttavia, il Covid ha portato un significativo calo di presenze rispetto agli standard e a questo si aggiungono le tante difficoltà legate all’aumento dei costi elettrici e degli altri comparti. I pur generosi ristori hanno fatto fronte alla spesa corrente ma non compensano le perdite subite da marzo 2020 fino ad oggi. Il settore, dopo le chiusure, e con una stagione sciistica finalmente regolare ma che ancora soffre delle limitazioni legate alla pandemia. Pensiamo al mancato afflusso di turisti stranieri, alle disdette cause dalle quarantene che hanno interessato interi nuclei familiari e alle restrizioni agli accessi, seppur condivisibili, come nel caso dell’adozione del Super Green Pass. A questo si somma l’improvviso aumento dei costi energetici e delle materie prime che in alcuni casi arrivano alche al 110% e per cui, oltre alle misure già adottate si chiedono interventi strutturali. Servono quindi misure ad hoc per sostenere un settore che altrimenti non sarà in grado di garantire l’equilibrio finanziario e gli investimenti necessari per non perdere competitività”.

Si è svolto nei giorni scorsi un incontro online organizzato da Skipass, la più importante fiera italiana del turismo e degli sport invernali, per fare il punto della situazione sull’apertura della stagione invernale. All’incontro, condotto da Marco Di Marco, direttore della Rivista Sciare, e andato in onda sui canali Youtube, Facebook e Instagram di Skipass, è intervenuta la presidente di ANEF, Valeria Ghezzi, facendo il punto sulla situazione dell’emergenza del settore.
«Se avessimo avuto una risposta sulle aperture staremmo già lavorando per aprire. Abbiamo una situazione sanitaria che non tranquillizza. Oggi c’è grande incertezza e non sappiamo se realmente il 7 gennaio potremo aprire. È difficile pensare a come aprire non avendo un protocollo approvato dal CTS, soprattutto. Se non lo approvano entro Natale, ed è impensabile arrivati a questo punto, il 7 non potremo aprire».

«I governatori dei territori di montagna hanno fatto di tutto per darci una mano, la speranza che ci resta è riuscire ad aprire nella seconda metà di gennaio, che a oggi è l’obiettivo realistico, ma serve che calino i contagi per ottenere questo – ha proseguito la Ghezzi -. Abbiamo scritto a diversi membri del governo, anche tramite Confindustria, ma ad oggi non abbiamo ancora raccolto certezze sul futuro. Mi sono resa conto che vista l’evoluzione della situazione pandemica è molto difficile avere un confronto risolutivo su questi temi».

Il problema non è, però, solo nazionale. «Con l’Austria che aprirà e la Svizzera che non ha mai chiuso, spero che anche in Italia si capisca che non possiamo essere l’unico territorio delle Alpi a non aprire. Anche i francesi hanno un obiettivo di apertura e una chiarezza sui ristori, cosa che a noi manca completamente. Noi siamo tutti pronti, nel momento in cui si potesse aprire, a rimboccarci le maniche e farlo nel tempo più breve possibile, ma abbiamo bisogno di risposte che non arrivano».

L’impatto economico della chiusura resta centrale nell’analisi dell’emergenza. «Dai conti che ho fatto, sul piano economico conviene aprire, se si riesce a farlo, entro fine gennaio o al massimo ai primi di febbraio. Se si andasse oltre non converrebbe più. Intanto per un motivo strettamente economico: non guadagneremmo, ma potremmo ridurre i debiti. Poi, per tenere in vita le nostre stazioni dando lavoro alla nostra gente e mantenere la montagna in vita. Noi vogliamo aprire – conclude Valeria Ghezzi -, faremo il possibile e anche l’impossibile, seppure tra mille incertezze, però non vogliamo e non dobbiamo illudere nessuno. Per noi questa non è solo una sciata, ma una questione di vita o di morte. È un pezzo di economia del Paese che rischia di scomparire. E finora non sono stati stanziati adeguati ristori per i lavoratori del settore, gran parte dei quali sono stagionali, così da aiutarli ad affrontare questa crisi così lunga».

L’Italia riparte anche insieme allo sport. Lo scorso 6 maggio il Senato ha confermato il via libera definitivo alla legge per i Giochi Invernali del 2026, un segnale più che positivo per il nostro Paese. Anche ANEF – Associazione Nazionale Esercenti Funiviari – ha accolto con gioia la notizia, seppure in un momento delicato come quello attuale che non consente ancora una riapertura completa degli impianti.

ANEF, che negli scorsi giorni ha lanciato un appello chiedendo che il settore non venga abbandonato, avrà un ruolo strategico fondamentale in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina (6-22 febbraio 2026) e successive Paralimpiadi (6-15 marzo). L’approvazione definitiva della legge olimpica rappresenta un chiaro segno di speranza e ottimismo per il futuro dell’Italia, ma è una notizia che – oltre a dare fiducia – stimola a un impegno concreto per tornare ad una vita normale riprendendo l’ordinaria attività. ANEF chiede che il Governo sostenga il comparto garantendo la riapertura degli impianti già da questa estate, perché solo con un’economia e uno sviluppo forte si potrà garantire il futuro della montagna e dunque l’ottima riuscita dei Giochi Invernali.

UN GIOCO DI SQUADRA

Il decreto Olimpiadi 2026 fissa anche le norme per la governance dei Giochi Olimpici e Paralimpici 2026 con quattro organismi: Consiglio olimpico, di cui faranno parte regioni, province autonome, governo e Coni; Fondazione di diritto privato (presieduta da Giovanni Malagò con l’AD Vincenzo Novari), il comitato organizzatore della manifestazione che curerà la parte sportiva; Agenzia pubblica per le infrastrutture, che si occuperà delle opere per realizzare l’Olimpiade; il Forum Olimpico per la sostenibilità e l’eredità dei Giochi, che avrà il compito di lavorare per la legacy dell’evento, in particolare sul fronte della sostenibilità, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, e dell’accesso agli impianti per tutta la popolazione.

Un tema, quello della sostenibilità ambientale, economica, e sociale, e dell’eredità dei grandi eventi, da sempre bandiera di ANEF. «Gli investimenti in occasione delle Olimpiadi – ricorda la Presidente Valeria Ghezzi – dovranno essere duraturi per il territorio. Da sempre la priorità di noi impiantisti è far crescere la montagna nel segno della sostenibilità attraverso la creazione di lavoro e favorendo l’economia locale. Ecco perché vogliamo impegnarci affinché il lascito olimpico più prezioso sia una consapevolezza diffusa della necessità di tutelare le nostre montagne e le loro comunità residenti e di sviluppare politiche e buone pratiche orientate alla valorizzazione delle potenzialità inespresse, in un’ottica di crescita economica e, soprattutto, sociale. La montagna italiana aspetta da tempo questi interventi».

UNITI PER UN’OLIMPIADE DIFFUSA

I territori su cui si disputeranno i Giochi coinvolgeranno tre regioni (Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige). E se è vero che l’unione fa la forza, è fondamentale che le istituzioni e gli operatori della montagna facciano squadra, mettendo a fattor comune la lunga tradizione ed esperienza delle località alpine, sia durante l’evento iridato, sia nel percorso di avvicinamento, che comprende ancora molti appuntamenti durante le stagioni invernali ed estive.

“Milano-Cortina 2026 unirà le Alpi italiane con una grande metropoli come Milano – afferma la Presidente Ghezzi – ma anche con città come Verona, Bolzano, Trento. Quella che appare come una distanza geografica è, in fondo, il motore che unisce e collega le realtà imprenditoriali e sportive già esistenti sul territorio”.

Realtà che, in questo momento, adottando ogni misura di sicurezza necessaria, avrebbero tutte le capacità per ripartire, assicurando così una stagione estiva attiva, confermando la capacità del nostro Paese di essere sempre pronto ad alzarsi e ricominciare.

L’Italia è pronta a ripartire, e lo sono anche gli impianti a fune. Dopo lo stop dello scorso 9 marzo, da diverse settimane ANEF – Associazione Nazionale Esercenti Funiviari – sta lavorando per garantire il via della stagione estiva con l’applicazione di tutte le doverose e necessarie misure di sicurezza.

Ad oggi, purtroppo, non è ancora stata definita una data di apertura per gli impianti a fune. Tutti gli operatori capiscono la gravissima emergenza, e la necessità del Governo di dare priorità ad altre decisioni, ma la crisi del turismo coinvolge anche gli impianti a fune quale settore trainante dell’economia di montagna e risulta pertanto urgente pianificare la riapertura. “Abbiamo la necessità – afferma ANEF – di definire al più presto la data della ripartenza, che ci auguriamo possa essere in prossimità della data di riapertura di bar e ristoranti. Gli impianti a fune sono il volano di un’importante filiera, che a valle trova albergatori, commercianti, maestri di sci e guide alpine, ristorazione; e a monte, grazie a costanti e ingenti investimenti diretti, genera lavoro per imprese locali e non, innescando un processo virtuoso con benefici in termini di benessere sociale e introiti per le casse dello Stato”.

La montagna, nei prossimi mesi, sarà certamente la meta prediletta di moltissimi italiani: i suoi spazi aperti e l’aria pura la rendono infatti ideale per una vacanza nella delicata fase di ripartenza post Covid-19. Tanto le passeggiate estive quanto lo sci invernale, oltretutto, sono attività che ben si prestano ad essere svolte da soli o in ridottissimi nuclei familiari, secondo le attuali disposizioni e norme vigenti.

“Abbiamo urgenza di riaprire – dichiara Valeria Ghezzi, Presidente di ANEF – e dimostrare che, con le giuste cautele, gli impianti possono essere fruibili già da questi mesi estivi, in quanto sono un mezzo che garantisce un trasporto sicuro, di breve durata e molto ben areato”.

LE MISURE DI SICUREZZA

Proprio per questo, nelle scorse settimane, auspicando una prossima riapertura del settore, ANEF ha elaborato e sottoposto all’attenzione del Governo una serie di regole e comportamenti virtuosi per garantire la sicurezza dei lavoratori e degli utenti.

L’attività degli impianti a fune è attività di trasporto e pertanto soggetta alle regolamentazioni del Ministero dei Trasporti. Presenta tuttavia una forte valenza turistica, ambientale e di valore strategico per gli equilibri socio-economici del sistema montagna, attività che la rende presidio del territorio, con una particolare attenzione ad aspetti idrogeologici, di manutenzione di boschi e prati, corsi d’acqua e strade forestali.

La sostenibilità sociale e ambientale che la caratterizza, quindi, la rende profondamente diversa dalle altre attività di trasporto, e per questo motivo, spiega la Presidente, “non è possibile adottare misure similari a quelle del trasporto urbano ed extraurbano, sia per ragioni tecniche (la durata del trasporto sugli impianti a fune difficilmente supera gli 8 /10 minuti) sia per ragioni pratiche connesse ai servizi correlati al trasporto funiviario (parcheggi, casse, conformazione della stazione di partenza, assistenza agli utenti sul piano di imbarco)”.

LE PROPOSTE

Come già si è avuto modo di constatare all’inizio dell’emergenza sanitaria, ridurre la portata e quindi limitare il numero di utenti trasportati simultaneamente sugli impianti, non è efficace né idoneo ad evitare gli assembramenti. Al contrario, l’effetto rilevato è stato un allungamento dei tempi di attesa in coda, con conseguente aumento del rischio per i turisti, in particolare quando l’attesa avviene al chiuso e senza dispositivi di protezione individuale.

La scelta di ANEF è quindi di bilanciare l’affluenza con la portata, favorendo il più possibile la fluidità e la costante mobilità. In assenza di code, infatti, il riempimento dei veicoli si riduce automaticamente.

Tra le misure di sicurezza proposte, l’obbligo del distanziamento fisico di almeno 1 metro tra le persone in tutte le fasi preparatorie al trasporto (transito dal parcheggio, coda alla cassa, coda ai tornelli, accesso alla stazione di partenza, sala d’aspetto, ecc.), l’obbligo di utilizzare mascherina e guanti per l’estate (da non togliere mai durante il trasporto). Obbligatoria l’areazione della cabinovia e funivia con il blocco di uno o più finestrini anche durante il trasporto, l’apertura delle porte delle cabinovie o funivie (solo se vuote) per una areazione completa laddove possibile, e l’igienizzazione delle cabine. Difficile, per ora, l’ipotesi di procedere alla misurazione della temperatura degli utenti tramite dispositivi tipo termoscanner, a causa della scarsa attendibilità di questo tipo di procedure.

Risulta evidente che le soluzioni più idonee per tutelare la salute di utenti e lavoratori consistono nell’adozione di protocolli e regole di comportamento basate anche sulla ragionevolezza ed il rispetto tra le persone.

PERCHE’ RIAPRIRE

Rappresentando la struttura portante delle stazioni turistiche di montagna, ed un valore per la tenuta degli equilibri socio-economici dei territori e dei sistemi turistici montani, si evince facilmente come gli impianti a fune necessitino di un ruolo attivo anche – e specialmente – in questo momento.

Senza dimenticare che gli sport estivi in quota (escursioni, bike, arrampicata,…) ma anche quelli invernali (sui ghiacciai) rappresentano attività più che idonee in questo momento grazie alla morfologia stessa della montagna, che coi suoi spazi sconfinati consente di percorrere ampie distanze in solitaria senza per forza imbattersi in altre persone.

L’APPELLO AL GOVERNO

Le misure proposte sono improntate ad una reale valutazione delle caratteristiche specifiche del servizio di trasporto funiviario, che si differenzia in modo significativo dalle altre tipologie di trasporto pubblico di persone. ANEF propone inoltre al Governo che le suddette misure siano oggetto di una valutazione e di un’eventuale revisione a scadenze ravvicinate (es. ogni 2 mesi) in modo tale da renderle il più possibile coerenti con l’evolversi del contesto sanitario nazionale e con le esigenze dell’utenza.