I cieli italiani nel 2024 sono stati teatro di 2.618 eventi di wildlife strike, ovvero impatti tra aeromobili civili e fauna selvatica, in massima parte volatili. A fornire il dato è l’Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile), che ha pubblicato la relazione annuale sul fenomeno, elaborata dal Bird Strike Committee Italy (BSCI), organismo tecnico interno all’Enac stesso.
Il rapporto evidenzia una crescita dell’8,36% rispetto al 2023, coerente con l’incremento del 7,22% dei movimenti aerei registrati nello stesso periodo. Un aumento che, secondo gli esperti, è direttamente proporzionale alla ripresa dei volumi di traffico post-pandemia.
“Sono numeri che non devono allarmare, ma responsabilizzare”, afferma Claudio Eminente, Presidente del BSCI e Direttore Centrale Enac. “Dal 2002, quando gli eventi erano appena 348, il fenomeno è cresciuto costantemente, ma l’Italia può oggi contare su uno dei sistemi di monitoraggio e prevenzione più avanzati al mondo”.
A differenza di altri Paesi che conteggiano solo gli impatti con danni o carcasse recuperate, l’Italia adotta un metodo che include anche i presunti impatti avvenuti sotto i 300 piedi (circa 90 metri) d’altitudine, garantendo così una maggiore precisione statistica.
Il periodo più critico per la sicurezza resta l’estate, da maggio ad agosto, quando numerosi volatili giovani iniziano a volare, aumentando il rischio di collisione, soprattutto nelle fasi di decollo e atterraggio. Le specie più frequentemente coinvolte nel 2024 sono state le rondini (245 eventi), i gabbiani reali (175), i gheppi (148) e i piccioni, in netto aumento. Tra i mammiferi, la lepre si conferma la più colpita.
Un dato significativo è che oltre il 56% degli impatti ha coinvolto specie non identificate. Per ridurre questa lacuna, l’Enac ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino per istituire il primo laboratorio forense italiano per l’identificazione delle piume e dei resti animali: il Feather Identification Lab Italy (FLABI).

