Un esercito di oltre 430mila lavoratori sarà impegnato nell’estate 2024 nel comparto turistico-ricettivo italiano. È quanto emerge dalla nuova ricerca presentata da Federalberghi nel corso della 75ª assemblea nazionale della federazione, che offre un’analisi approfondita sull’occupazione stagionale, il suo impatto economico e il contesto normativo e contrattuale che ne regola i rapporti.

Lo studio, distribuito in anteprima ai soci, restituisce un quadro in netto miglioramento rispetto agli anni segnati dalla pandemia, con numeri che non solo colmano le perdite registrate nel biennio 2020-2021, ma superano i livelli pre-crisi.

Secondo i dati elaborati su base INPS, il numero massimo di lavoratori dipendenti impiegati da aziende del settore turistico-ricettivo ha toccato quota 431mila, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente. Di questi, circa 245mila sono lavoratori stagionali, in crescita del 2,2%.

Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, sottolinea il valore strategico di questi dati: «Viene spesso rappresentato un turismo fatto di precarietà e stagionalità come limite. Noi vogliamo superare questo luogo comune. Il nostro settore non solo cresce, ma offre opportunità di qualità, con salari in aumento, stabilità maggiore e un ruolo centrale nell’economia locale».

I numeri lo confermano. Rispetto al 2019, l’occupazione massima complessiva è cresciuta del 15%, mentre il lavoro stagionale ha segnato un incremento del 24%. Due terzi dei lavoratori stagionali sono italiani, un terzo proviene dall’estero, a conferma della rilevanza del contributo dei lavoratori stranieri in un comparto che richiede flessibilità e competenze specifiche.

Anche la componente femminile continua a essere preponderante tra gli stagionali, con una quota pari al 54,1%. Inoltre, la metà degli occupati ha meno di 40 anni, a testimonianza del ruolo di primo impiego che il turismo svolge soprattutto per le nuove generazioni.

Sul piano economico, la retribuzione media giornaliera dei lavoratori stagionali ha raggiunto gli 85 euro, segnando un aumento del 2,4% sul 2023 e del 14,9% rispetto al periodo pre-Covid. Anche la durata media dell’impiego è in crescita: le giornate lavorate sono passate da 143 a 149 nell’arco di un anno (+2,1%), e del 4,9% rispetto al 2019.

La distribuzione territoriale evidenzia alcune forti concentrazioni di forza lavoro. In cima alla classifica per numero massimo di dipendenti stagionali si trova il Trentino-Alto Adige con oltre 38mila lavoratori, seguito dall’Emilia-Romagna (31.414) e dal Veneto (23.646). Rilevanti anche i numeri di Toscana, Campania, Sardegna e Lombardia. Le regioni più piccole, come Molise, Basilicata e Umbria, presentano valori assoluti più contenuti, ma spesso con un impatto locale molto significativo in termini di incidenza sull’occupazione complessiva.

La fotografia che emerge conferma il ruolo del turismo come settore dinamico, capace di offrire occupazione e sviluppo, soprattutto nelle stagioni di alta domanda. E restituisce dignità a una forma di lavoro spesso sottovalutata, ma che costituisce un motore fondamentale dell’economia italiana.

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