McKinsey: l’AI accelera nel turismo ma il potenziale resta in gran parte da esplorare

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L’adozione dell’intelligenza artificiale nel turismo sta crescendo rapidamente, ma il settore resta ancora lontano dalla piena maturità digitale. Secondo un’analisi McKinsey basata sui dati Skift Travel 200, solo il 4% delle principali aziende mondiali del comparto menzionava l’AI nei bilanci 2022, contro il 35% nel 2024. Parallelamente, gli investimenti in start-up di viaggio abilitate dall’intelligenza artificiale sono saliti dal 10% del totale nel 2023 al 45% nella prima metà del 2025, segno di un interesse crescente anche da parte del venture capital.

Dallo studio emerge che l’introduzione dell’AI ha già prodotto risultati tangibili per molte imprese del comparto. Tra 86 dirigenti intervistati, il 26% segnala una riduzione dei costi operativi, il 30% decisioni più rapide, il 33% maggiore personalizzazione dei servizi, il 36% risultati qualitativi migliori e il 59% un aumento della produttività. Complessivamente, l’adozione dell’intelligenza artificiale avrebbe generato in media un +6% di crescita annua dei ricavi e una riduzione analoga dei costi.

Nonostante questi progressi, McKinsey evidenzia come viaggi e hospitality siano ancora indietro rispetto ad altri settori. L’uso dell’AI si concentra su strumenti generici come copiloti e chatbot, che hanno una diffusione ampia ma un impatto limitato. Gli strumenti verticali, costruiti su misura per il travel, restano spesso in fase pilota. Due i principali ostacoli: la frammentazione dei dati – con una miriade di PMI non connesse tra loro – e una cultura aziendale che tende a privilegiare la componente umana rispetto all’innovazione tecnologica.

Nel frattempo si affaccia una nuova generazione di strumenti, l’IA agentica, capace di agire in modo proattivo, coordinando altri agenti e completando compiti complessi senza supervisione umana. Oltre il 90% dei viaggiatori afferma di fidarsi delle informazioni generate dall’intelligenza artificiale, ma solo il 2% è disposto a lasciare piena autonomia decisionale a questi sistemi, segno che la fiducia va ancora consolidata.

Nel comparto alberghiero, McKinsey individua diversi ambiti d’applicazione ad alto impatto. Tra questi:

  • Assegnazione automatica delle camere, integrando preferenze, storico del cliente e feedback;
  • Manutenzione predittiva, grazie all’analisi di sensori e dati di housekeeping;
  • Gestione delle pulizie dinamica, che ottimizza i turni in base agli orari degli ospiti;
  • Menu engineering, con sistemi in grado di prevedere domanda, margini e approvvigionamenti.

Nel settore aereo le opportunità riguardano invece il dynamic bundling per creare pacchetti personalizzati, l’ottimizzazione del load factor e la personalizzazione delle offerte loyalty.

Dalla survey emerge che il 90% dei dirigenti utilizza già in qualche forma l’AI generativa, ma il 38% non ha ancora sperimentato quella agentica. Solo il 22% delle aziende ha implementato l’AI generativa su larga scala e appena il 2% ha fatto lo stesso con quella agentica.

McKinsey individua alcune priorità per accelerare la trasformazione digitale del travel:

  • Rafforzare le infrastrutture tecnologiche, con sistemi cloud scalabili e dati centralizzati;
  • Definire una digital road map chiara, con il supporto del top management;
  • Investire nell’upskilling per evitare l’“AI fatigue” e rendere i dipendenti confidenti con gli strumenti;
  • Promuovere una cultura agile e orientata alla sperimentazione;
  • Ripensare i processi end-to-end, perché introdurre singoli use case senza ridisegnare l’intera catena operativa non genera un reale vantaggio competitivo.

La conclusione di McKinsey è netta: l’intelligenza artificiale rappresenta già oggi una leva di crescita e produttività per il turismo, ma il salto di qualità arriverà solo quando le aziende sapranno passare dalla fase di sperimentazione alla piena integrazione dei sistemi intelligenti nei modelli di business.

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