Nel cuore dell’Italia più autentica, lontano dai circuiti turistici inflazionati e spesso schiacciati dal peso del marketing di massa, si apre una delle regioni più misteriose e sottovalutate del Bel Paese: il Molise, dove il 19 e 20 giugno si è tenuta la prima edizione della Borsa del turismo esperienziale, alla quale ho avuto il piacere di partecipare, e dove si è riaperto il dibattito sulle reali potenzialità del territorio e al contempo, sulle lacune strutturali e organizzative che ancora ne limitano il pieno decollo.
Quello Molisano è infatti un territorio che sembra fatto apposta per chi cerca esperienze genuine, luoghi intatti, sapori veri e tradizioni che non hanno ceduto all’omologazione del turismo industriale. È in questo scenario che si affaccia con forza l’idea di rilanciare il Molise attraverso un modello di turismo esperienziale, costruito attorno ai borghi, alle comunità locali, ai patrimoni materiali e immateriali che compongono il tessuto vivo della regione.
Il Molise, con i suoi paesaggi silenziosi e i centri abitati che si arrampicano sui crinali dell’Appennino, rappresenta una delle ultime riserve di autenticità in un’Italia sempre più votata a un turismo “veloce” e consumistico. Qui, il tempo ha un altro ritmo. Non si corre, si ascolta. Non si fotografa soltanto, si respira. E questo rappresenta il suo più grande punto di forza in un’epoca in cui il viaggiatore cerca emozioni, storie e relazioni, piuttosto che monumenti da collezionare. Il turismo esperienziale trova in Molise un habitat naturale, non forzato, perché ciò che altrove si ricostruisce artificialmente, qui esiste ancora nella sua forma più autentica: la transumanza dei pastori, le feste patronali, i forni di paese, le botteghe artigiane, i piccoli teatri, i dialetti che si fondono con le mani callose di chi lavora la terra o il ferro.
Nel corso della Borsa del turismo esperienziale, organizzata con grande impegno ma anche con limiti di tempo e struttura, sono emerse proposte interessanti e spunti validi, ma anche una carenza strutturale che non può essere ignorata. L’iniziativa, lodevole per intento e contenuti, ha pagato lo scotto di una programmazione frettolosa, che ha lasciato spazio a una certa confusione organizzativa, ma ciò non toglie valore all’evento, anzi: dimostra quanto sia urgente strutturare un piano strategico che preveda una regia composta da professionisti del settore, in grado di dare continuità e visione a un progetto di sviluppo turistico che ha bisogno di metodo, costanza e relazioni con i mercati.
Una delle principali criticità emerse riguarda il ruolo della politica. In un contesto così delicato e promettente come quello molisano, l’ideale sarebbe un modello in cui la politica si limiti a fornire un sostegno istituzionale e d’immagine, lasciando invece il timone organizzativo a esperti di destination management, marketing territoriale, progettazione europea e comunicazione turistica. Il turismo esperienziale, per sua natura, richiede coerenza narrativa, capacità di mettere in rete le risorse, ascolto delle comunità locali e una profonda conoscenza dei trend e delle aspettative dei viaggiatori. Non è un terreno su cui improvvisare.
La forza del Molise sta proprio nei suoi borghi: Agnone, Sepino, Bagnoli del Trigno, Frosolone, Venafro, Ferrazzano, Casalciprano e la stessa Campobasso non sono semplici cartoline, ma ecosistemi vivi, con storie da raccontare e custodire. Passeggiare per le loro vie significa incontrare bottegai che ti raccontano la storia di un formaggio o di un coltello, entrare in chiese che custodiscono secoli di devozione popolare, assistere a riti che sembrano fuori dal tempo e, proprio per questo, affascinanti. Il turismo esperienziale in Molise potrebbe ruotare attorno a percorsi tematici legati all’artigianato, all’enogastronomia, alla spiritualità, alla natura e al patrimonio immateriale ma per farlo servono strumenti concreti: piattaforme digitali di prenotazione esperienze, formazione degli operatori, pacchetti turistici chiari e accessibili, sinergie con i tour operator internazionali.
Un altro aspetto centrale è la narrazione. Il Molise ha bisogno di una nuova narrazione identitaria, forte, coerente e moderna, non “la regione che non esiste”, ma “la regione dove esiste ancora l’Italia più vera”. I social media, i portali internazionali, i travel blogger, le riviste di settore devono essere coinvolti in una campagna strategica che sappia raccontare la regione non solo come meta turistica, ma come esperienza umana. Il viaggiatore di oggi non cerca la “destinazione”, cerca il senso del viaggio e questo, in Molise, si trova in ogni dettaglio: in una casa di pietra, in un anziano che ti offre un bicchiere di vino, in una banda musicale che suona sotto le stelle.
Per strutturare un piano efficace servono però investimenti intelligenti, bandi ben scritti, regie operative capaci di fare rete. Le organizzazioni di promozione, riunite tutte sotto un unico “cappello”, potrebbero diventare il cuore pulsante di un sistema esperienziale, se affiancate da consulenti esperti e coordinate da un ente di promozione centralizzato e autonomo. Le scuole potrebbero essere coinvolte in progetti di recupero della memoria orale e della cultura locale ed i giovani, essere formati come “ambasciatori del territorio” capaci di guidare esperienze turistiche immersive. Le imprese agricole e artigiane, con adeguato supporto, potrebbero integrare l’accoglienza esperienziale nel loro modello di business.
La Borsa del turismo esperienziale, con tutte le sue imperfezioni, ha comunque indicato una direzione. Ha mostrato che c’è voglia di fare, che gli operatori ci credono, che il territorio ha risorse straordinarie ma ha anche mostrato che non si può più improvvisare. Il tempo dei progetti estemporanei, degli eventi “mordi e fuggi”, dei fondi europei spesi senza visione è finito. Il Molise ha bisogno di una governance turistica integrata, moderna, fondata sulla competenza, una cabina di regia che sappia costruire un piano triennale, definire target, promuovere il prodotto esperienziale molisano nei mercati giusti, valorizzare l’identità locale con strumenti professionali e soprattutto servono figure professionali dedicate: destination manager, content creator, esperti di comunicazione turistica, project manager capaci di costruire sinergie tra pubblico e privato.
Se ben orchestrato, il turismo esperienziale potrebbe rappresentare la vera leva di rilancio del Molise non solo in termini economici, ma anche sociali. Potrebbe contrastare lo spopolamento dei borghi, offrire nuove opportunità ai giovani, rafforzare il senso di appartenenza delle comunità, risvegliare orgoglio e partecipazione. Ogni laboratorio di ceramica, ogni cammino di fede, ogni pastore che apre la sua azienda a un gruppo di visitatori diventa così parte di un grande racconto collettivo, capace di generare valore vero, non solo PIL, ma qualità della vita.
Il Molise dunque ha già dentro di sé tutti gli elementi per diventare un punto di riferimento nel panorama del turismo esperienziale italiano ed europeo ha i luoghi, le storie, le persone ma manca ancora la struttura. La prima Borsa del turismo esperienziale è stata un primo passo, timido ma coraggioso. Ora serve trasformare quell’entusiasmo in strategia, quell’energia in metodo, serve il coraggio di affidarsi a chi conosce il mestiere, di costruire una governance turistica snella, competente e stabile, solo così la regione potrà finalmente liberarsi dell’etichetta di “regione dimenticata” e diventare un simbolo di rinascita turistica, sociale e culturale per tutto il Centro sud d’Italia.