Nella manovra finanziaria recentemente bollinata dalla Ragioneria dello Stato, si modifica ancora una volta il quadro fiscale degli affitti brevi. L’articolo 7 del provvedimento prevede che l’aliquota della cedolare secca al 21% rimanga soltanto per chi non utilizza portali telematici o intermediari immobiliari per la conclusione dei contratti. Tutti coloro che ricorrono a piattaforme online o agenzie dovranno applicare invece la nuova aliquota del 26%.
Secondo la lettura di operatori e associazioni di categoria, la norma introduce una distinzione che appare difficilmente sostenibile nell’attuale scenario digitale, in cui la maggior parte delle prenotazioni avviene proprio tramite web o app. Come sottolinea la Federazione FARE, la misura “è contraria all’interesse nazionale e favorisce solo i grandi capitali”, rischiando di penalizzare la piccola proprietà immobiliare e i gestori indipendenti, che hanno meno strumenti per competere sul mercato rispetto ai grandi operatori internazionali.
FARE, nel suo comunicato, utilizza un’immagine efficace per descrivere la situazione: la nuova norma “ricorda molto la favola del lupo e dell’agnello”, in cui si cerca di “aggirare con un gioco di parole il problema e arrivare comunque alla fonte”. Al di là della metafora, il messaggio associa chiaramente la nuova tassazione a un approccio poco equo verso chi opera legalmente nel settore, sottolineando come la gran parte delle locazioni oggi passi dal digitale per questioni di visibilità e competitività.
Sul fronte delle associazioni di gestori, anche AIGAB (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi) definisce la rimodulazione come “inutile”, ribadendo che la misura resta una “patrimoniale mascherata” e non risolve il nodo della pressione fiscale sul settore extralberghiero.

