Un commento negativo su Donald Trump pubblicato su un computer o su uno smartphone potrebbe bastare a farti respingere alla frontiera americana, pur avendo Esta e Passaporto in regola. È quanto emerge da un caso che sta facendo discutere in Europa e che contribuisce ad alimentare un clima di crescente diffidenza verso le autorità doganali degli Stati Uniti.

Secondo l’agenzia di stampa AFP, uno studioso francese è stato recentemente bloccato all’arrivo negli Usa e rimandato indietro dopo che gli agenti di frontiera hanno controllato i suoi dispositivi elettronici e vi hanno trovato contenuti critici nei confronti del presidente e delle sue politiche sull’università e la ricerca.Un episodio che sta sollevando interrogativi inquietanti, soprattutto in Europa, dove il principio della libertà di espressione è un pilastro democratico inviolabile.

Il timore che opinioni politiche espresse pubblicamente — o anche solo archiviate su un dispositivo personale — possano costituire motivo di espulsione o negato accesso agli Stati Uniti, segna un punto di non ritorno nella percezione del Paese come meta accogliente per viaggiatori, turisti, studenti o accademici.

Il caso si inserisce in un contesto più ampio di irrigidimento dei controlli alle dogane americane, che sta provocando disagi crescenti a cittadini europei in arrivo negli Usa, come riporta Leonardo Berberi sul Corriere della Sera. Le testimonianze si moltiplicano: persone fermate per giorni, trasferite in centri di detenzione, ammanettate per lievi infrazioni o presunti errori burocratici. In Germania, gli episodi sono stati così numerosi da spingere il ministero degli Esteri a modificare le raccomandazioni ufficiali per chi viaggia verso gli Stati Uniti. «Anche una leggera irregolarità può portare all’arresto e all’espulsione», si legge nel sito istituzionale.

Ma il fatto che il controllo si estenda anche alle opinioni personali, raccolte da cellulari e computer durante le perquisizioni in aeroporto, apre una questione nuova: la selezione ideologica all’ingresso. Un confine che finora si pensava potesse riguardare regimi autoritari o Paesi ad alto rischio politico, non certo una democrazia occidentale come gli Stati Uniti.

Le conseguenze iniziano a farsi sentire anche nei numeri. Secondo i dati del Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti, riportati dal Corriere della Sera, gli arrivi europei nei primi due mesi del 2025 sono in netto calo: -9,5% dall’Italia, -6% dalla Francia, -7% dalla Germania. Il turismo leisure ne risente in modo particolare, mentre il business travel si mantiene stabile. A scoraggiare i viaggiatori è una combinazione di fattori: l’inasprimento dei controlli, l’incertezza normativa, e ora anche il sospetto che il pensiero personale possa diventare una colpa.

Tourism Economics stima una perdita di 64 miliardi di dollari per l’industria turistica americana nel 2025, legata proprio al clima politico e alla retorica divisiva che ha caratterizzato — e continua a influenzare — le scelte della politica interna e migratoria statunitense.

Il caso dello studioso francese fermato per le sue opinioni accende dunque un segnale d’allarme per il mondo della cultura, dell’università e della libera informazione. Se il confine tra sicurezza e sorveglianza ideologica diventa sempre più sottile, il diritto di viaggiare — almeno verso gli Stati Uniti — rischia di non essere più davvero universale.

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