Negli ultimi anni mi è capitato di essere chiamato da dirigenti scolastici di istituti alberghieri o docenti stessi per il turismo che mi chiedono di parlare ai ragazzi, di raccontare la professione, di trasmettere entusiasmo per un settore che, pur restando uno dei motori economici del Paese, sta perdendo attrattiva. L’aula è quasi sempre silenziosa, gli sguardi sono curiosi ma indecisi, l’interesse c’è ma è fragile, intermittente, lo si percepisce dal modo in cui i ragazzi ascoltano come se avessero bisogno di credere che il turismo possa ancora essere una scelta di vita, non solo un piano B. Eppure, basterebbe poco per restituire dignità e futuro a un mestiere che ha fatto la storia dell’Italia: basta ridargli un’anima formativa, reale, concreta.
Il calo delle iscrizioni nelle scuole alberghiere è ormai un dato consolidato, in molte regioni non si riescono nemmeno a completare le classi del primo anno. Corsi chiusi, sezioni accorpate, laboratori dimenticati e paradossalmente, mentre le scuole restano vuote, gli imprenditori del settore turistico e alberghiero lamentano una mancanza drammatica di personale qualificato. È un cortocircuito che racconta un Paese disallineato, dove la formazione non parla più la lingua del lavoro e il lavoro (fortunatamente non sempre) non si fida più della scuola.
I motivi di questo disamore sono tanti, da un lato, c’è una percezione distorta del turismo come settore “faticoso”, precario, poco meritocratico dove le famiglie spesso scoraggiano i figli dall’iscriversi agli istituti alberghieri, convinte che dietro quel percorso non ci sia una carriera, ma solo stagionalità e sacrifici. Dall’altro lato, la scuola stessa non è sempre riuscita a raccontare la vera modernità del turismo, la sua evoluzione tecnologica, gestionale e strategica, molti programmi restano ancorati a modelli degli anni ’90, poco aderenti alla realtà di hotel digitalizzati, destinazioni smart e processi automatizzati, così, una professione che in tutto il mondo è sinonimo di creatività e innovazione, in Italia rischia di apparire vecchio, rigido, poco ispirante.
La verità è che abbiamo perso la capacità di narrare il turismo come professione d’ingegno e di relazione, come spazio di crescita personale e collettiva. Oggi un ragazzo sceglie un percorso formativo anche per l’identità che gli offre, per il sogno che rappresenta se non glielo raccontiamo, se non lo vive nei luoghi dove il turismo accade non può innamorarsene ed è per questo che ogni volta che entro in una scuola, porto con me non solo la mia esperienza di professionista di lungo corso e di formatore ma le voci di chi lavora davvero come un direttore che gestisce la crisi, il receptionist che sa anticipare un bisogno, lo chef che costruisce emozioni, il tecnico che fa risparmiare energia senza spegnere la bellezza.
Perché il turismo è tutto questo, ma i giovani non lo sanno più
Serve un cambio di passo profondo, le scuole alberghiere devono tornare a essere laboratori vivi, aperti al territorio e al mondo delle imprese ma soprattutto, dobbiamo sostenere e far conoscere quello che oggi rappresenta il modello più evoluto di connessione tra formazione e lavoro: gli ITS Academy.
Gli ITS non sono solo un “dopo scuola”, ma la dimostrazione concreta che la sinergia tra mondo educativo e impresa è possibile. Nei loro due anni di corso si concentrano l’essenza del “fare per imparare” con docenti provenienti dal settore, progetti costruiti con le aziende, tirocini in strutture reali, risultati misurabili è una formazione breve ma intensa, che parla la lingua delle competenze e non quella dei programmi ministeriali.
Gli ITS sono l’anello mancante che il turismo aspettava da anni, sono il luogo dove la scuola smette di essere astratta e il lavoro smette di essere improvvisato, dove gli studenti imparano a connettere teoria e pratica, tecnologia e umanità.
In un ITS dedicato al turismo, si studiano le strategie di revenue management e le piattaforme digitali ma si impara anche a comprendere i comportamenti del Cliente, la logica dei flussi, la sostenibilità ambientale, la relazione col territorio. E’ una formazione che mette insieme l’hotel, il tour operator, l’agenzia, l’ente locale e la destinazione, un mosaico di esperienze che restituisce ai giovani una visione completa, sistemica, moderna del turismo, ecco perché credo che proprio gli ITS debbano diventare il modello per una nuova alleanza educativa nazionale.
Gli istituti alberghieri e turistici potrebbero essere il primo gradino, il luogo dove si coltiva la curiosità e la passione ma l’ITS deve essere il punto di arrivo formativo, quello dove la passione diventa professione in quanto il loro vero valore sta nel coinvolgimento diretto con le imprese che non sono semplici “partner” ma co-protagoniste del percorso di crescita. È l’impresa stessa che racconta alla scuola cosa serve, quali competenze mancano, quali strumenti occorre introdurre e lo fa non per interesse, ma per necessità perché senza personale preparato e giustamente remunerato, nessun modello turistico può funzionare.
Negli anni ho visto giovani provenienti da una formazione ITS o analoga, inserirsi in catene alberghiere, in società di gestione eventi, in startup digitali e perfino in amministrazioni comunali che si occupano di destination management ed ogni volta ho avuto la conferma che quando la formazione diventa esperienziale, la motivazione cresce, i ragazzi capiscono che non si tratta solo di studiare per un diploma ma di costruire un’identità professionale ed è questa la vera differenza tra un percorso statico e uno evolutivo: nel primo si apprende per obbligo, nel secondo per desiderio.
Il problema, però, resta culturale! Oggi il turismo non riesce più a generare aspirazione, in un’epoca in cui ogni adolescente sogna di diventare influencer, gamer o travel blogger, lavorare in un albergo appare meno “glamour” e più faticoso ma la responsabilità non è dei ragazzi è di noi adulti che non sappiamo più comunicare il valore della professione. Abbiamo bisogno di un racconto nuovo, capace di mostrare il turismo come un ecosistema vivo, tecnologico, inclusivo, sostenibile, un settore dove si può crescere, innovare, dirigere, creare valore, fare impresa. Dobbiamo restituire ai giovani l’orgoglio di appartenere al mondo dell’Ospitalità, mostrando che dietro ogni accoglienza c’è progettazione, ingegno, sensibilità e cultura, ecco perché le scuole, le università e soprattutto gli ITS devono aprirsi, mescolarsi, comunicare meglio. La collaborazione con il mondo del lavoro non deve essere un atto formale ma un processo costante, una rete viva. Gli albergatori, i ristoratori, i manager devono entrare in aula, raccontare, contaminare, ispirare, allo stesso tempo, la scuola deve entrare negli hotel, nei villaggi, negli enti di promozione, per capire come cambia la domanda, quali tecnologie si usano, quali valori chiedono oggi i turisti, solo così potremo formare generazioni di professionisti che non vivano il turismo come un mestiere di passaggio ma come un campo di eccellenza.
Ogni volta che esco da un incontro in una scuola, mi porto dietro la stessa domanda: come abbiamo potuto lasciare che il settore più umano del Paese diventasse invisibile agli occhi dei giovani? Eppure, basta poco per accendere la scintilla, il racconto giusto, un esempio concreto, un sogno possibile.
Quando un ragazzo scopre che una valida opportunità di formarsi può aprirgli la strada a un ruolo in un resort internazionale, in un ufficio marketing territoriale o in una start-up di turismo sostenibile, capisce che il suo futuro può davvero partire da qui, dal territorio, dalle sue mani.
Il turismo italiano ha un patrimonio inestimabile costituito non solo da monumenti o paesaggi ma dai saperi, dalle tradizioni, dalle relazioni e questo patrimonio si rinnova solo attraverso la formazione. Senza giovani preparati, non ci sarà Ospitalità di qualità, non ci sarà accoglienza autentica, non ci sarà futuro ma con scuole aperte, ITS forti e docenti che portano in aula la vita reale degli alberghi, dei tour operator e delle destinazioni, sì! Ci sarà un turismo più consapevole, moderno e orgoglioso forse allora non dovrò più raccontare a classi mezze vuote quanto sia bello questo mestiere, perché quelle classi torneranno a riempirsi da sole, di ragazzi che avranno capito che il turismo non è un ripiego, ma una scelta di vita.
Una scelta che può ancora far grande l’Italia!

