La sentenza del Consiglio di Stato del 21 novembre 2025 ha definitivamente ribaltato la posizione del TAR Lazio, sancendo che il riconoscimento “de visu” degli ospiti è obbligatorio per tutte le strutture ricettive italiane, inclusi B&B e locazioni brevi.
Il massimo organo della giustizia amministrativa ha accolto il ricorso del Ministero dell’Interno e di Federalberghi, annullando la sentenza del TAR Lazio del maggio scorso che aveva sospeso la circolare sulla identificazione in presenza degli alloggiati: il ricorso presentato dalla Federazione Fare è stato giudicato non ammissibile per diverse ragioni, tra cui il fatto che quella contestata è una circolare interna che non ha quindi valore di legge e non fa altro che spiegare come procedere in alcuni casi particolari con l’applicazione con l’articolo 109 del TULPS (Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773). La legge però resta quella e non è interpretabile: al check-in in un alloggio è necessario confrontare la foto sul documento con il volto della persona che si presenta. Unica concessione del Consiglio di Stato è che questa procedura può essere effettuata anche con mezzi informatici autorizzati. Questa però è un aggiunta a margine che non riguarda il contendere della sentenza e che riporta il problema al suo aspetto più concreto: anche se potrebbe bastare un videocitofono, ad oggi non ci sono né strumenti automatizzati per il check-in, né delle procedure ufficialmente ritenute valide, per cui resta un vuoto legislativo da colmare.
Per ora quindi i gestori di alberghi, residence, bed & breakfast, affittacamere, campeggi e appartamenti destinati alle locazioni brevi sono sempre obbligati a verificare di persona la corrispondenza tra il titolare del documento d’identità e l’effettivo ospite. Questo procedimento dovrà essere svolto in presenza, eliminando la possibilità di gestire il check-in da remoto attraverso keybox, codici o strumenti digitali, almeno finché non sarà approvata una procedura ufficiale.
La posizione di Federalberghi
Federalberghi ha espresso soddisfazione per una decisione che “promuove la sicurezza collettiva”: secondo Bernabò Bocca, presidente dell’associazione, la verifica diretta dell’identità tutela sia gli ospiti sia i residenti delle città, facilitando l’attività delle forze dell’ordine e prevenendo disagi nei condomini affollati da un viavai di persone sconosciute. Bocca ricorda come, grazie a questo sistema, siano stati individuati e catturati vari malviventi: la procedura rappresentere quindi un impegno civico svolto dagli albergatori a vantaggio dell’intera comunità.
La replica di Airbnb e le esigenze del settore
Airbnb e altri attori digitali sottolineano invece come il self check-in sia una funzionalità diffusa a livello internazionale, utile per assicurare flessibilità agli ospiti e agli host, e richiesta dal mercato turistico moderno[. Tuttavia, la sentenza stabilisce che l’identificazione in presenza rimane condizione indispensabile, anche se la verifica può essere effettuata tramite soluzioni digitali “in tempo reale” – come videochiamate, videocitofoni o sistemi simili – purché garantiscano la sorveglianza diretta della persona che effettua il check-in, e la comunicazione dell’identità alle autorità entro 6-24 ore dall’arrivo.
Motivazioni giuridiche e storiche
L’obbligo di riconoscimento “de visu” degli ospiti ha radici profonde nel diritto italiano: la normativa attuale, sancita dall’articolo 109 del TULPS (Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773), riprende discipline già attive nell’Ottocento e persino nella letteratura (cit. Manzoni e Goldoni)[4]. Federalberghi evidenzia come questa tradizione contribuisca alla sicurezza, anche in chiave di prevenzione e controllo criminale, con casi recenti di arresti legati proprio all’attività dei gestori ricettivi, quasi sempre però avvenute in strutture extralberghiere che evidentemente hanno sempre rispettato la legge.
Impatti operativi e prospettive
La sentenza segna la fine di una querelle lunga e lascia il settore degli affitti brevi e degli host professionali di fronte a nuove sfide operative. Se da un lato viene rafforzata la coesione con le forze dell’ordine, dall’altro si riapre il dibattito sulla necessità di protocolli moderni per la digitalizzazione del check-in, nel rispetto delle prescrizioni di legge e della flessibilità richiesta dal mercato turistico. Vediamo se il Governo sarà veloce nel trovare una soluzione come lo è stato nell’emettere la circolare: il Viminale a marzo scorso aveva promesso all’associazione Aigab entro Pasqua una nuova circolare per individuare la tecnologia adatta per effettuare il check-in

