Dal 18 agosto il blocco dei licenziamenti in Italia risulta formalmente prorogato fino alla fine della Cassa integrazione in deroga prorogata di 18 settimane e quindi in scadenza tra metà novembre e fine anno. In realtà ora sono però in vigore alcune eccezioni al blocco che fino ad ora era stato generalizzato ed esteso a tutti i tipi di licenziamenti. Vediamo quali sono e in quali casi, di fatto, il blocco dei licenziamenti è caduto.
L’articolo 14 del dl 104, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 14 agosto, contiene tre espresse eccezioni al divieto.
Prima eccezione: sono fuori dal blocco i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, con messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività.
Seconda eccezione: l’azienda può tornare a “licenziare” con accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo, che consente di concordare con ogni singolo dipendente una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In questa ipotesi (che comunque deve essere accettata dai dipendenti) lavoratori escono dall’azienda e beneficiano della Naspi
Terza eccezione: sono possibili i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa oppure se ne è disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, i licenziamenti in altri rami sono esclusi
Secondo Il Sole 24 ore il licenziamento è possibile anche in altri tre casi non espressamente elencati dalla legge:
- Al termine della fruizione della cassa integrazione
- Nei casi in cui l’azienda non può operare riduzione dell’orario o sospensione dei lavoratori per aver modificato la propria organizzazione o soppresso un reparto
- I licenziamenti collettivi avviati prima del 23 febbraio (è il caso, ad esempio, di Air Italy).