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La lettera aperta di Pier Ezhaya, presidente di ASTOI Confindustria Viaggi, è un grido di allarme senza mezzi termini contro la proposta di revisione della Direttiva Europea sui Pacchetti Turistici. Un testo che trasuda rabbia, frustrazione e una chiara percezione di accanimento normativo nei confronti del turismo organizzato. Una presa di posizione chiara verso chi in questi giorni si chiede se il problema posto sia reale dato che in teoria le nuove regole varrebnero per tutti. E forse leggendo questa presa di posizione si riesce a capire come la nuova direttiva possa rappresentare davvero un “delitto perfetto” per il settore, in particolare per i più piccoli, quelli cioè che nemmeno sono iscritti a Confindustria Viaggi. Per questo la battaglia ha, a mio avviso, ancora più valore.
Un intervento sbilanciato a favore del consumatore
La proposta di modifica della direttiva Pacchetti si inserisce nel solco di un approccio che, negli ultimi anni, ha puntato a rafforzare le tutele per i consumatori tour court. Tuttavia, come evidenzia ASTOI, queste misure sembrano colpire in modo sproporzionato i tour operator e le agenzie di viaggio, senza però toccare altri attori del turismo, come le compagnie aeree e le piattaforme di prenotazione online. Piattaforme di prenotazione che, per casualità, hanno sede nella stessa nazione che sta imponendo dazi all’Europa. Appare quindi curioso che la difesa dell’Europa debba cominciare dal riarmo e non preveda la salvaguardia delle aziende europee.
L’introduzione di un tetto del 25% sugli acconti e la possibilità di saldare il viaggio solo 28 giorni prima della partenza crea una distorsione evidente. I tour operator spesso devono acquistare servizi con pagamenti immediati e vincolanti, come biglietti aerei o camere d’hotel. Se la normativa imponesse loro di anticipare risorse senza poter richiedere il saldo ai clienti, il rischio finanziario diventerebbe insostenibile. Un sistema così strutturato finirebbe per escludere i piccoli operatori, favorendo solo le grandi realtà con maggiori riserve di liquidità.
La questione del trust e delle tutele già esistenti
Uno dei punti più contestati è l’istituzione di un trust per la gestione degli acconti versati dai clienti. ASTOI fa notare che già esiste un obbligo di fondo di garanzia per insolvenza e fallimento, che tutela i consumatori in caso di problemi con l’operatore turistico. Perché, allora, imporre un’ulteriore misura che andrebbe a ingessare ancora di più la gestione finanziaria delle aziende del settore?
Qui emerge un tema più ampio: il turismo organizzato sembra essere il bersaglio preferito della regolamentazione europea, mentre altri comparti rimangono in gran parte esclusi. Le piattaforme di prenotazione online, che offrono servizi simili a quelli di un tour operator senza le stesse garanzie per il cliente, non sono soggette agli stessi vincoli. Anche le compagnie aeree, che spesso impongono condizioni stringenti ai viaggiatori senza fornire rimborsi immediati, non vengono toccate in modo significativo da queste normative. Un disequilibrio normativo che ASTOI non esita a definire “ingiusto” e “miope”.
La cancellazione senza penali: una misura insostenibile?
Un altro punto critico è la possibilità per i clienti di annullare il pacchetto senza penali fino a 28 giorni prima della partenza, in caso di travel warning del Ministero degli Esteri. Se, da un lato, questa norma appare come una tutela auspicabile per i viaggiatori, dall’altro solleva interrogativi sulla sua reale applicabilità.Come sottolinea Ezhaya, i travel warning non sono divieti assoluti ma raccomandazioni, spesso legate a fattori di rischio temporanei o soggettivi. Se questa norma fosse applicata solo ai pacchetti turistici, senza coinvolgere i biglietti aerei o le prenotazioni alberghiere effettuate direttamente dai clienti, si creerebbe una discriminazione evidente. Un tour operator si troverebbe costretto a rimborsare integralmente un pacchetto, mentre una compagnia aerea potrebbe non restituire nemmeno un euro del biglietto. Il rischio è quello di un aumento esponenziale di cancellazioni e rimborsi, con conseguenze devastanti per la stabilità finanziaria delle imprese. Questo è forse il punto più importante, il rischio di impresa non può ricadere solo all’organizzatore in caso di impossibilità oggettiva.
Un attacco mirato al turismo organizzato?
Se si pensa che in contemporanea si sta discutendo se alzare da 3 a 5 ore il limite per i ritardi aerei oltre il quale si ha diritto a un rimborso, si capisce che quello che Astoi dipinge è un quadro in cui la nuova direttiva non è solo eccessivamente punitiva, ma appare quasi come un attacco deliberato a un settore che fatica a rimettersi in piedi dopo la crisi pandemica. Un settore che opera con margini già ridotti potrebbe trovarsi nell’impossibilità di rispettare queste norme, con il rischio di fallimenti a catena.
ASTOI solleva il sospetto che vi siano pressioni da parte delle grandi lobby del trasporto aereo e delle piattaforme online, interessate a ridurre il peso del turismo organizzato e a favorire un modello di prenotazione sempre più individualizzato e frammentato.
La risposta italiana: una battaglia politica?
Il presidente di ASTOI invoca un intervento deciso del governo italiano, fino alla possibilità di una violazione delle norme europee pur di proteggere il settore. Il ministro Santanchè ha già espresso il proprio impegno in questa direzione, ma la questione potrebbe diventare un caso politico di rilievo, con un confronto serrato tra l’Italia e Bruxelles.Resta da vedere se vi sarà spazio per una mediazione. L’Europa ha il compito di garantire tutele ai consumatori, ma senza danneggiare in modo irreversibile un comparto che genera occupazione e valore economico. Se la nuova direttiva dovesse essere approvata nella forma attuale, potrebbe rappresentare un colpo durissimo per il turismo organizzato, con effetti a cascata su tutta la filiera.
Di seguiti la lettera integrale di Pier Ezhaya: