Come ogni anno l’Associazione Startup Turismo ha condotto un sondaggio tra propri associati – una base di 130 startup in rappresentanza dell’80% delle startup turismo attive in Italia – che offre uno spaccato significativo e ricco di insights sull’intero settore. L’analisi dei risultati per il 2022 può essere riassunta in una parola: consolidamento.
L’indagine mostra infatti una decrescita generalizzata nella nascita di nuove startup, ma una migliore performance delle startup esistenti. Il consolidamento è confermato anche dai round di investimento. Lo scorso anno sono stati effettuati più round ma di valore inferiore rispetto a quest’anno nel quale le startup hanno già raccolto una cifra doppia rispetto allo scorso anno pur con la metà dei round. Sostenibilità e proptech sono in testa con una raccolta di circa 5 milioni in totale, seguite dagli experience provider che hanno raccolto circa 2 milioni. (Nel 2021 le startup avevano riferito 14 round, il 50% dei quali con un valore medio di 164k€. Per il 2022 il numero dei round scende a 7 ma il 70% di questi è superiore ai 300k€, con una media di 1300k€). In generale, il 67% delle startup non hanno mai effettuato un round e il 52% non ha mentor né advisor (le startup non seguite raccolgono in media meno capitale nei round).
Siamo entrati in nuovo ciclo – dice Karin Venneri, Presidente Associazione Startup Turismo – dove le startup del turismo stanno consolidando la loro struttura e il loro know how. Ora più che mai l’industria del turismo dovrebbe guardare alle startup entrando nel merito delle soluzioni proposte e cogliendo gli spunti di innovazione che possono anche portare a saving importanti. Dal canto loro le startup dovrebbero osare di più per internazionalizzarsi, sia proponendo all’estero le loro soluzioni sia ricercando nuovi investitori.” 

L’ecosistema delle startup sta maturando: dopo una prima fase di test, le startup che non hanno futuro chiudono in tempi abbastanza brevi, mentre le startup più promettenti crescono in termini di fatturato e raccolgono più capitali dai round. Possiamo quindi affermare che ci stiamo allontanando dal processo di “zombieficazione” del settore, con un numero sempre più basso di startup che sopravvivono con basse performance. In questo modo si crea quindi un ecosistema di startup più sano e proficuo per gli investitor.
La Survey registra interessanti variazioni nella fonte dei finanziamenti: sono in crescita i fondi di investimento, ora il 40% di tutti i capitali raccolti dalle startup insieme ai business angels, con una media, rispettivamente, di 467k€ e 265k€ per round. Il 12% proviene da banche (debito) con una media di 141k€ per round. Solo il 2% dei capitali raccolti proviene da incubatori / acceleratori, con una media di 36k€ per round – nel turismo manca, per altro, un acceleratore specializzato – mentre il resto degli investimenti sono autofinanziamenti dei founder. 

Si conferma la forte polarizzazione nella distribuzione geografica: in Lombardia oltre un terzo delle startup italiane del travel (36%), seguita dal Lazio con 12% e al 9% da Toscana, Veneto e la Campania, outsider del Sud. Solo il 28% delle startup sono attive in tutte le regioni italiane, mentre il 52% sono attive in massimo tre regioni, anche lontane tra loro. Per quanto riguarda l’internazionalizzazione, il 65% delle startup non ha alcun fatturato proveniente dall’estero, ma il 30% prevede di espandersi l’anno prossimo e il 26% entro i prossimi 3 anni. 

L’ANAGRAFICA DELLE STARTUP DEL TURISMO

Il 73% delle startup offre prevalentemente servizi alle aziende, il 19% SaaS e solo l’8% offre principalmente prodotti, in linea con lo scorso anno. Il modello di business vede prevalere un modello misto B2B2C per il 55% delle startup, mentre il 35% è B2B e solo il 10% è B2C e offre servizi al turista finale. 
Delle startup intervistate, il 21% si occupa di marketplace, il 16% è experience provider e il 15% tour operator.
Crescono le dimensioni del team, un altro indice di consolidamento: scende dal 51% dello scroso anno al 15% la percentuale delle startup con un team di massimo 2 persone, e cresce dal 12% al 43% la fascia 5 – 9 persone, mentre è leggermente in calo (-4%) la percentuale di assunti a tempo pieno.

Più interessante l’età media dei founder, che è tra 35 e 45 anni per il 50% delle startup mentre non ci sono (0%) giovanissimi under 25. Si tratta, principalmente, di professionisti già attivi da tempo nel turismo, in grado di inviduare opportunità nel mercato ed esigenze scoperte da parte degli operatori; oppure di imprenditori e tecnici che hanno sviluppato idee e iniziative in altri settori e che – in un’ottica di “ottimizzazione utente” – ritengono il turismo un “prato verde” dove applicare, ad esempio, i nuovi strumenti digitali (AI, Big Data, Blockchain) o modelli non ancora sperimentati durante la vacanza: ne sono un esempio le startup che propongono al settore soluzioni per la crisi energetica attraverso il controllo dei consumi o le energie rinnovabili.

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