Per una volta trasliamo la parola “evento” dal significato che spesso diamo su queste pagine, per andare nell’etimologia e parlare dell’evento “avvenimento”, ovvero di ciò che capita.

Premesso che credo sia un evento (forse è solo una sensazione ma se vado a googolare trovo più di una conferma) che la Wi-Fi del Frecciarossa funzioni, sono altri gli eventi che colpiscono quando si viaggia in treno.

Eravamo partiti da Roma in ritardo di oltre mezzora. Senza che nessuno avesse minimamente sentito l’esigenza di spiegarne il motivo. Porte chiuse, in viaggio verso Milano, il treno si ferma nuovamente tra gli scambi e i binari ancor prima di Tiburtina. Di nuovo senza alcuna spiegazione. In compenso però l’amplificatore era ben funzionante per annunciare che il servizio di ristorazione era attivo a centro treno, che Trenitalia era lieta di dare il benvenuto a bordo, che in pochi minuti sarebbe cominciato un servizio di ristoro gentilmente offerto a chi viaggiava in business.

Non c’è nulla di sfiancante e opprimente come la mancanza di spiegazione e l’attesa senza fine; peggio ancora quando non esiste una via d’uscita (nel vero senso della parola visto che il treno era a porte bloccate in un’area in cui era impossibile scendere). È una cosa che chi organizza eventi impara a conoscere in fretta. E impara che la comunicazione è fondamentale per tenere calme le persone, che altrimenti, in un ambiente chiuso, sentendosi oppresse, potrebbero dar vita a comportamenti pericolosi nel tentativo di uscire. Per fortuna questo non capita in treno, dove regnano solo le lamentele e la rassegnazione degli utenti-ostaggio.

A quel punto, staccata la Wi-Fi non funzionante, decido di cercare notizie sul sito di FFSS. E scopro finalmente che c’è un guasto tecnico alla rete elettrica. Lo comunico prima ai miei compagni di fermata, poi su Twitter. E, pochi minuti dopo, qualcuno suggerisce al capotreno che forse è meglio faccia un annuncio.

Nuovo evento: la comicità. Sentendosi investito da un potere più forte di lui, o forse emozionato dal compito di spiegare – microfono in mano – la situazione, chi fa l’annuncio dice ai viaggiatori che per un guasto tecnico avranno un “perditempo” di 90 minuti (che diventeranno in realtà 108 prima dell’arrivo). Intanto, per placare le proteste, Trenitalia manda un carrello del bar con un bicchiere d’acqua a testa. Guai a chiedere anche un panino, fosse pure a pagamento. Cortesemente, ma fermamente, gli addetti ti indicano che se hai fame, devi andare alla carrozza bar a centro treno.

A piccole ripartenze, infine si riesce a superare il guasto tecnico e viaggiare verso Milano, dove si giunge con due ore di ritardo, ormai a tarda sera. E qui entra in gioco l’ultima beffa all’ostaggio di una compagnia che non solo dà disservizi pagati anche dai soldi dei cittadini, ma ti prende in giro anche quando ammette il torto. Ok, è già un evento il fatto dell’ammissione, ma poi…

Il solito annuncio informa i viaggiatori che potranno chiedere il rimborso di una parte o di tutto il biglietto a seconda di classe, minuti di ritardo accumulati e una serie di clausole fatte per non farti capire a cosa hai diritto e tutelare ovviamente la compagnia che ben conosce le sue mancanze. E infatti, non ti rimborsa la totalità del biglietto in denaro (come invece fa correttamente Ikea che ti chiede di scegliere se desideri indietro i soldi o un buono), ma, almeno in parte, in buoni utilizzabili per altri viaggi. Certo, perché questi geni del marketing di Trenitalia pensano che un cliente scontento del servizio appena ricevuto, invece che desiderare un rimborso non veda l’ora di fare un nuovo viaggio con la stessa compagnia che li ha sequestrati senza sentire il dovere di spiegare alcunché.

Anche questo è un evento. Grottesco. O ridicolo.

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