L’ultima emergenza è esplosa in Cina: un focolaio di polmonite, che si sospetta sia causato da un coronavirus simile alla Sars, ha infettato 291 persone nella città di Wuhan e ne ha uccise sei. Questa la notizia iniziale con dati che sono in preoccupante aumento: in pochi giorni sono stati confermati un totale di 800 persone infette e 26 morti accertati. Questo episodio ha fatto ovviamente aumentare il livello di attenzione delle autorità sanitarie mondiali, ma ha anche lanciato la psicosi globale: in pochi giorni sono stati segnalate diverse centinaia di casi in tutto il mondo, tra cui uno a Bari, rivelatosi un falso allarme. Il web è invaso di bufale, tra cui quello di una ragazza cinese che mangia un pipistrello, abbinato all’ipotesi che il nuovo virus sia stato trasmesso in questo modo dall’animale all’uomo, ma al momento non c’è nessuna evidenza scientifica di questo. Tutto ciò avviene mentre in Italia il 21 gennaio è stato inaugurato l’anno della cultura e del turismo tra Italia e Cina dove non si è fatto il minimo accenno alla questione. In Cina però non prendono la cosa sottogamba, tanto che in molte città sono stati annullati i grandi assembramenti per festeggiare il Capodanno Cinese. Per ora quindi, come confermato anche dall’OMS, si tratta di un’emergenza locale che viene monitorata costantemente e tenuta sotto controllo con diverse precauzioni che potrebbero arrivare anche al blocco dei viaggi aerei da e per Wuhan. Per questo motivo la Farnesina ha sconsigliato viaggi non necessari verso la provincia dello Hubei, dove sono stati segnalati i primi casi, mentre gli aeroporti italiani hanno aumentato i controlli, anche se non ci sono voli diretti tra l’Italia e la città di Wuhan: per arrivare da noi bisogna almeno passare da Parigi o Londra, oppure prendere prima un volo interno per Pechino. Gli Stati Uniti, invece, hanno deciso di dirottare i passeggeri provenienti da Wuhan, diretti o con scalo, verso 5 città principali dove verrà effettuato uno screening sanitario.

Come in altri casi simili le conseguenze per il mondo del turismo sono prevedibili: avverranno cancellazioni a catena per tutti i viaggi verso la Cina, anche se lontani migliaia di chilometri dal focolaio, e probabilmente anche verso altri Paesi limitrofi, se dovessero essere confermati i nuovi casi segnalati in questi giorni. E’ forse inevitabile: si può controllare la malattia ma non la paura. Ciò non toglie che affrontare l’argomento in toni non sensazionalistici, spiegando quali precauzioni prendere e quale può essere l’effettiva portata dell’emergenza, aiuterebbe a limitare i danni.

Scrivo questo perché, se nel caso cinese c’è una paventata emergenza sanitaria globale che giustifica il clamore, c’è da considerare che negli ultimi mesi abbiamo assistito ad altri processi mediatici che hanno influito in modo negativo sul turismo, senza che ce ne fosse un reale motivo. Non è magari il caso dell’Iran dove inizialmente certi toni da terza guerra mondiale avevano fatto pensare a un’enfasi eccessiva, ma dove pure l’abbattimento ad opera del governo di un aereo di linea, confuso per un obiettivo militare, giustifica ampiamente la decisione di alcune compagnie aeree di transitare altrove: non è certo un episodio che si può risolvere “scusandosi per il disagio”, come ha provato a fare maldestramente il governo iraniano.

Possiamo invece sicuramente parlare di un’enfasi mediatica esagerata nel caso degli incendi in Australia che, ingigantiti dappertutto, sono stati causa di cancellazione di vacanze programmate in quella che per loro è alta stagione turistica, essendo piena estate. Tanto che il governo australiano si è affrettato a smentire le notizie che circolavano, prima pubblicando una pagina con alcuni chiarimenti sull’emergenza incendi, poi diffondendo una mappa per far capire dove stanno avvenendo gli incendi e far comprendere che la maggior parte delle zone turistiche non sono coinvolte. Nonostante ciò sono informazioni che sono arrivate solo a una minima parte di viaggiatori: l’approfondimento difficilmente fa notizia.

Un caso che ci ha riguardato più da vicino è stato quello del record di acqua alta a Venezia: un fenomeno che è durato pochi giorni ma che, anche vista la forte attenzione sul clima in questi mesi, è diventato virale come se fosse una dimostrazione dello scioglimento dei ghiacciai o di chissà quale altra calamità. Quando la situazione è tornata alla normalità il danno era fatto e le immagini di Venezia allagata avevano fatto il giro del mondo come di una città che affonda. Anche questo è stato causa di un’occupazione nettamente inferiore alle attese per Natale e Capodanno nella città lagunare, mentre pochi giorni fa il Corriere ha spiegato come il danno si sta traducendo anche in prenotazioni minori per il Carnevale di Venezia. Chi pagherà per questo danno all’economia prodotto essenzialmente da fake news?

Questo per far notare che chi comunica ha una responsabilità nei confronti del lettore e nei confronti di un comparto economico che non si può liquidare in nome di qualche click in più. Un’etica che non deve riguardare solo chi fa giornalismo, perché dare notizie non verificate rischia di danneggiare situazioni già precarie, come accade nel caso di aziende in difficoltà costrette a chiudere perché la loro destinazione di punta è diventata d’un tratto insicura e più nessuno vuole andarci. Una volta che una crisi è conclamata nessuno più è disposto a darti credito: a pagarne le spese spesso sono lavoratori del comparto turistico, ma mai chi ha contribuito a diffondere notizie false.

Autore

  • Domenico Palladino

    Domenico Palladino è editore, consulente marketing e formatore nei settori del travel, della ristorazione e degli eventi. Dal 2019 è direttore editoriale di qualitytravel.it, web magazine trade della travel & event industry. Gestisce inoltre i progetti editoriali di extralberghiero.it, dedicato agli operatori degli affitti brevi e cicloturismo360.it, per gli amanti del turismo su due ruote. Ha pubblicato per Hoepli il manuale "Digital Marketing Extra Alberghiero". Laureato in economia aziendale in Bocconi, indirizzo web marketing, giornalista dal 2001, ha oltre 15 anni di esperienza nel travel. Dal 2009 al 2015 è stato web project manager del magazine TTG Italia e delle fiere del gruppo. Dal 2015 al 2019 è stato direttore editoriale di webitmag.it, online magazine di Fiera Milano Media dedicato a turismo e tecnologia.

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Un pensiero su “Dalla Cina all’Australia: come i media influenzano le scelte di viaggio”
  1. Gentile Dott. Palladino,
    Desidero ringraziarla per la preziosa informazione.
    Il poter constatare che esistono ancora persone che fanno dell’informazione un mezzo per divulgare verità , onestà e conoscenza mi conforta non poco e autorizza a pensare che,forse, in questo meraviglioso ma un po’ dimesso Paese, non tutto sia andato perduto.
    Ancora grazie per la sua opera.
    Con sincera cordialità

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