Come ti trasformo un piccolo borgo toscano ai piedi del Prato Magno in un’esperienza globale.
In questa storia c’è tutto il valore delle donne che custodiscono e innovano, capaci di trasformare luoghi dimenticati in spazi di comunità e futuro. Donne che intrecciano relazioni, che costruiscono reti, che sanno vedere oltre le difficoltà e che, passo dopo passo, riportano vita nei borghi.
Tra i tanti esempi virtuosi di ospitalità diffusa, quello di Simona Quirini a Penna Alta è particolarmente emblematico. Con la sua famiglia, già più di un decennio fa, Simona ha restituito vita a un borgo che contava appena dodici abitanti, scegliendo la ristorazione come leva di rinascita. Al ristorante, nato come osteria di paese, si sono affiancate negli anni piccole case ristrutturate, e insieme sono diventati un luogo di incontro e di racconto, fino a trasformarsi oggi in un’esperienza che attira ospiti da tutto il mondo.
Pur essendo “di nascita” una chef, Simona ha scelto di chiudere il ristorante per dedicarsi completamente ai suoi ospiti, offrendo un’accoglienza che va ben oltre la tavola. Nel tempo, attorno al suo progetto, sono state ricostruite le case lungo la via del borgo, una strada percorribile solo a piedi, lastricata di sassi plasmati dal tempo, che oggi accompagna chi arriva verso un luogo che sembra uscito da un racconto.
Le sue giornate sono dedicate a creare esperienze a tutto tondo: si parte con la raccolta delle erbe spontanee nei boschi, si prosegue con le visite ai piccoli produttori locali che forniscono materie prime, e si approda al momento clou, attorno al grande bancone della cucina. Qui la tradizione incontra l’innovazione: mani che impastano, racconti che prendono forma, mentre Simona con naturalezza dà indicazioni ad Alexia di accendere i forni o gestire i tempi delle cotture. La cucina diventa così il cuore pulsante di un’esperienza di comunità.
Questa rinascita porta con sé anche un valore simbolico: è la storia di una donna che si è messa in gioco, che con visione coraggio e fatica, ha costruito nuove opportunità per il territorio. Attorno al suo progetto si è generata una rete di microimprese e produttori locali: agricoltori, artigiani, piccoli allevatori, tutti uniti da un obiettivo comune, che fanno della collaborazione la vera forza del borgo.
Oggi Penna Alta è rinato: accanto ai pochi residenti storici, si aggiungono i villeggianti che lo scelgono per il contesto autentico, per il silenzio rigenerante, per le esperienze a misura d’uomo. Non solo vacanza, ma anche lavoro in smart working, in un modello di vita che unisce natura e connettività: dalle antiche case del borgo, rinate con sapienti ristrutturazioni che ne hanno preservato le caratteristiche storiche, fino ai gazebo immersi nel verde e alla infinity pool che domina la Valle dell’Arno.
Quello di Simona Quirini è un esempio concreto di come l’ospitalità diffusa possa essere motore di rigenerazione sociale ed economica, trasformando un piccolo borgo in un laboratorio di turismo sostenibile, relazionale e culturale. Un luogo che non si limita ad accogliere, ma che insegna a vivere i luoghi con lentezza e profondità, nel segno di un’ospitalità che genera comunità.
È un manifesto silenzioso ma potente: la dimostrazione che visione, cura e collaborazione possono rigenerare un territorio e restituirgli voce nel mondo.